Roma, 4 novembre 2013 - Sì alla tutela dei figli minorenni di genitori separati anche per quanto riguarda la religione. Il giudice può infatti vietare a uno dei genitori di far partecipare i figli a riti previsti dal suo credo religioso se i bambini, fino a quel momento, sono stati educati secondo i dettami di un’altra confessione. Lo si evince da una sentenza con cui la prima sezione civile della Cassazione ha rigettato il ricorso di un padre contro il divieto, disposto nei suoi confronti dalla Corte d’appello di Milano, di far partecipare le proprie figlie, fino a quel momento educate al credo cattolico, alle Adunanze del Regno, alle quali egli prendeva parte da quando aveva aderito - dopo la separazione dalla convivente, madre delle bambine - ai Testimoni di Geova.

Con la loro sentenza, i giudici di secondo grado avevano anche disposto che le minorenni passassero le principali feste religiose con la madre. L’uomo si era rivolto alla Cassazione per impugnare la decisione dei giudici d’appello, lamentando una violazione dell’articolo 19 della Costituzione, sul diritto di manifestazione della propria religione.

La Suprema Corte ha invece condiviso la sentenza di secondo grado, che “lungi dal negare e comprimere il diritto di professare la propria fede religiosa”, come denunciato dal ricorrente, “ha piuttosto adottato - si rileva nella sentenza depositata oggi - le prescrizioni più idonee per assicurare la corretta formazione psicologica ed affettiva delle minori e le relative statuizioni, sorrette da adeguata motivazione”.

I giudici d’appello, ricorda la Cassazione, hanno ritenuto che “l’età delle figlie non consentisse loro di praticare una scelta confessionale veramente autonoma e fosse inopportuno uno stravolgimento di credo religioso che non potesse essere elaborato con la necessaria maturità, considerato che le minori avevano vissuto in un contesto connotato dal credo religioso cattolico”.