DUNQUE è vero: molti di noi, fino all’ultimo non lo hanno creduto possibile. Uno strano sogno a occhi aperti, simile per certi versi a un incubo. A sentir qualche voce cattolica, si direbbe che la commozione, la gratitudine mettano a tacere l’ansia, le domande che non hanno ricevuto risposta, forse perfino un qualche senso di delusione e perfino d’implicito rancore che non si ha il coraggio di esprimere. È invece necessario non nascondersi dietro il conforto e l’omaggio. Siamo tutti disorientati, tutti interdetti.
IL VECCHIO Pescatore ci lascia. Non è ancora chiaro se potrà tenere il suo anello, in pegno e in ricordo del timone della Navicella di Pietro ch’egli ha abbandonato, sia pure con tutte le cautele, in mano di qualcun altro che verrà. Presto, auguriamoci. Subito, anzi: che si possa quanto prima aver la certezza che un altro Pescatore ha preso il suo posto e che Joseph Ratzinger possa finalmente «nascondersi al mondo» come desidera.
Lascia tutto in ordine? Nei suoi appartamenti, senza dubbio: è una persona ordinata, questo ex soldatino che è stato testimone atterrito del bombardamento di Dresda di sessantotto anni fa e che poi, divenuto cardinale e Papa, è stato in assoluto il primo – i ‘precedenti’ di Celestino V e di Gregorio XII non reggono, sono altra cosa…— a rinunziar al Ministero Petrino e a ritirarsi, stanco e desideroso di pace. Con se stesso prima di tutto, forse. È tutto in ordine anche nella Curia e nella Chiesa? Qui la risposta è difficile. Le ipotesi si accavallano: per lasciar tuttavia il tempo che trovano.
CHI, che cosa ha davvero indotto Benedetto XVI a un passo tanto grave? Chi, che cosa ha potuto convincerlo che fosse necessario o comunque opportuno, «per il bene della Chiesa» (così si è espresso), determinare una situazione nuova i cui esiti sono aperti a qualunque risultato, inclusi i più problematici? Se davvero è stato il bene della Chiesa a obbligarlo ad abbandonare il suo posto, dobbiamo dedurre che la sua permanenza sarebbe stata dannosa per essa? E perché? Forse avrebbe comportato l’insorgere o l’aggravarsi di tensioni e divisioni interne, insormontabili? O forse perché si è verificato qualcosa che ha reso la sua permanenza sul soglio incompatibile con le scelte di una parte forse maggioritaria della Curia romana? Qualcosa che ha aperto incombenti scenari d’ingovernabilità?
FORSE tutto quel che si può onestamente supporre è che davvero il pur discorde collegio cardinalizio si convinca che i vertici della Chiesa debbano voltar decisamente pagina e agisca di conseguenza sul piano delle scelte in Conclave. Ma il necessario cambiamento non avrebbe mai potuto esser gestito da un Pontefice anziano, stanco, forse sfiduciato, forse in qualche modo compromesso anche solo spiritualmente, senza dubbio provato soprattutto dai più recenti eventi come la questione dello Ior, i casi di pedofilia che hanno toccato livelli altissimi della gerarchia, e la crisi di una Cattolicità che sta perdendo il suo ruolo tradizionale perfino in America latina e in Africa, soppiantata dalle sètte protestanti. Papa Ratzinger, raffinato studioso e severo teologo, non è un guerriero carismatico della tempra di Giovanni Paolo II. È tuttavia l’ultimo pontefice della fase della storia della Chiesa che si è aperta con quel Concilio Vaticano II del quale egli fu uno dei riservati protagonisti-consiglieri e sul ruolo del quale egli ha più tardi manifestato tanti discreti eppur profondi dubbi.
Forse proprio questo rapporto tra le speranze del giovane teologo Ratzinger e la delusione di papa Benedetto XVI è la chiave del ‘fallimento’ del suo pontificato. Fallimento dinanzi a se stesso, anche se non nei confronti della Chiesa. Ma una rinunzia è sempre e comunque una sconfitta: che con molto rispetto, molta stima e affetto bisogna pur chiamare col suo nome.
ORA, nessuno sa quel che ci attende. Forse un lungo, sofferto conclave. Forse una decisione comunitaria veloce e fulminante, caratteristica dei sodalizi di élite verticistica che, attraversati da insanabili discordie, si rendono conto di essere arrivati sul ciglio dell’ultima spiaggia. Forse un Papa energico, che non potrà esser tale se non sarà certo di venir sorretto da una maggioranza qualificata e concorde di prìncipi della Chiesa. Forse un Pontefice che uscirà munito dell’implicito mandato di convocare al più presto un nuovo Concilio che affronti finalmente i problemi presenti della Chiesa e del mondo. E da quel Concilio ci si aspetterebbero decisioni e soluzioni tali da stupire il mondo per coraggio e lucidità.
La Chiesa non deve inginocchiarsi dinanzi al mondo,ma fornire alcune fra le risposte che esso cerca e di cui ha bisogno: sono molti anche i non-credenti ad aspettarselo. La Chiesa non deve solo restituire serenità e fiducia ai cattolici che in questo momento sono incerti e interdetti: deve anche dimostrare che Modernità secolarizzata ha ancora e nonostante tutto bisogno della sua presenza e della sua voce.
di Franco Cardini
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