Roma, 23 novembre 2010 - Operazione anti 'ndrangheta dei Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria: 24 persone sono state arrestate perché ritenute affiliate alla cosca Pesce di Rosarno.

L'operazione, che segue quella dello scorso 28 aprile 2010, costituisce lo sviluppo di un'indagine che ha consentito di delineare gli assetti e l'operatività delle cosche Pesce e Bellocco, operanti a Rosarno, con ramificazioni in altre regioni italiane ed all'estero.

Tra le persone arrestate c'è anche la moglie del boss già detenuto Antonio Pesce, di 57 anni, detto 'u testuni, Carmelina Capria, di 47 anni. La donna, secondo quanto è emerso dalle indagini, faceva la contabile della cosca gestendo i flussi di denaro derivanti, soprattutto, dalle estorsioni e dai traffici di droga e armi.

Oltre a lei figura tra gli arrestati anche un'altra donna Maria Grazia Pesce, di 28 anni, moglie di Roberto Matalone, anch'egli accusato di essere affiliato alla cosca e attulamente latitante. Maria Grazia Pesce, in particolare, è accusata di avere fatto da tramite tra gli affiliati alla cosca già detenuti dopo essere stati arrestati nell’operazione dell'aprile scorso e quelli liberi.

Inoltre ci sono anche tre carabinieri che prestavano servizio proprio a Rosarno, ma erano già stati trasferiti mesi fa in via cautelativa a battaglioni del nord Italia, e un ex agente della polizia penitenziaria ora in pensione. Secondo le indagini, due dei militari "avevano stretti contatti contatti con la cosca Pesce”, in particolare con il boss, “riferendo circa iniziative giudiziarie e di polizia a carico della cosca, nonché falsificando un verbale di contestazione di infrazione al codice della strada, ricevendo per i servizi resi alla cosca quale corrispettivo vari favori (apparati tecnologici, auto a prezzo di favore)”.

Il terzo carabiniere arrestato, invece, è accusato di concorso in corruzione aggravata per avere fatto da “messaggero” tra uno degli altri due militari e il boss. Infine è stato arrestato per concorso in corruzione aggravata anche un agente della polizia penitenziaria, in pensione da qualche mese, che aveva prestato servizio nel carcere di Palmi. Secondo i carabinieri l’uomo,ha favorito lo scambio di messaggi tra il detenuto Salvatore Pesce, fratello del boss Antonio, e i suoi familiari, tenendo questi informati anche delle condizioni del detenuto e riferendo alla famiglia i suoi desideri, anche di beni voluttari che poi gli faceva arrivare in cella. Il tutto in cambio della promessa da parte della cosca che la moglie sarebbe stata assunta a tempo indeterminato in una casa di cura.