Roma, 8 novembre 2010 - Tempi duri per le mogli che teorizzano l’infedeltà coniugale e si sposano in chiesa: anche se non mettono mai in pratica le idee ‘libertine’, rischiano lo stesso di vedere annullato il loro matrimonio dal tribunale ecclesiastico, con decisione ratificata dalla Cassazione.


La Suprema Corte, con la sentenza 22677, ha convalidato la nullità del matrimonio di un coppia bolognese nella quale la moglie non aveva mai fatto mistero, nemmeno al marito, di non ritenere importante la pratica della fedeltà. E poco conta che la signora abbia espresso solo idee sulle scappatelle, e non sia mai passata ai fatti.


Nella causa di annullamento religioso, il tribunale ecclesiastico di Modena aveva accertato «l’esclusione da parte della moglie di uno dei ‘bona matrimonii'», l’obbligo della fedeltà. Nella causa di separazione non sono emerse sue responsabilità nel naufragio matrimoniale, neanche riferibili alla ‘frequentazione’ di altri uomini, ma ciò non non è servito a bloccare la procedura di delibazione della sentenza rotale.


La donna, dunque, si era rivolta alla Suprema Corte, opponendosi alla delibazione del verdetto ecclesiastico e cercando di contestare l’annullamento delle sue nozze. Gli ‘ermellini' della prima sezione civile, con la sentenza n.22677, hanno però rigettato il suo ricorso, confermando una sentenza con cui la Corte d’appello di Bologna aveva dichiarato l’efficacia per la legge italiana del verdetto di nullità di un matrimonio emessa dal tribunale regionale ecclesiastico di Modena. Ora la signora perderà per sempre il diritto all’eventuale assegno di mantenimento.