Reggio Calabria, 27 agosto 2010 - "Reggio Calabria non tace con i magistrati che si impegnino a liberare la nostra città dalla 'ndrangheta" e "la bomba al dottor Di Landro ha colpito anche me". Sono alcuni degli striscioni che sono stati esposti nel tardo pomeriggio di ieri sotto casa del procuratore generale Salvatore Di Landro a Reggio Calabria, dove centinaia di persone gli hanno espresso solidarietà con un sit in spontaneo. E’ stato lo stesso procuratore a scendere sotto l’abitazione a stringere mani e a ringraziare le persone che gli dimostravano la loro solidarietà.

Il 3 gennaio cos'è successo? Nulla, ha detto Di Landro alle persone che gli stavano vicini davanti al portone della sua abitazione. "Se c’è stato un nuovo attacco dopo il 3 gennaio vuol dire che lo Stato non ha dato le risposte adeguate. Dobbiamo avere coscienza - ha proseguito il PG reggino - che affrontiamo un nemico che resta molto forte. Se a vent’anni dall’omicidio Scopelliti non sono stati definiti compiutamente gli esiti, vuol dire che il nemico è forte".

"Per me è umiliante, come uomo e come rappresentante delle istituzioni - ha detto ancora Di Landro - vedere la magistratura attaccata perché fa il proprio dovere. Io sto lavorando nel pieno rispetto delle regole e non mi sento un Sandokan".

Sul fronte delle indagini adesso si tratta di accertare se sia opera di una sola famiglia o se la decisione di mettere Di Landro sotto pressione sia stata una scelta del vertice che riunisce le principali famiglie di 'ndrangheta di Reggio e provincia.

Gli investigatori, naturalmente, non trascurano alcuna pista. Un filone, quindi, riguarda i contrasti all'interno della Procura generale che sono coincisi con l'arrivo di Di Landro e che hanno riguardato, in particolare, i rapporti tra Di Landro ed il sostituto procuratore generale Francesco Neri. Contrasti che hanno portato il Csm all'adozione di una misura cautelare con il passaggio ad altra sede ed altre funzioni di Neri (oggi consigliere della Corte d'appello di Roma) per incompatibilità ambientale.

Un'altra ipotesi ancora riguarda la possibilità che dietro gli attentati ci sia la volontà di sviare l'attenzione di magistrati e investigatori dalle inchieste che stanno conducendo, a Reggio Calabria, sui rapporti tra 'ndrangheta e politica. Inchieste che negli ultimi mesi si sono tradotte, per esempio, nelle operazioni Meta e Crimine, quest'ultima in collaborazione con la Dda di Milano, che hanno cominciato a fare emergere le collusioni tra le cosche e la politica.

Le forze dell'ordine stanno setacciando gli ambienti criminali e stanno passando anche sotto la lente di ingrandimento tutte le telecamere dei negozi, che sono poste nella zona adiacente l’abitazione del Procuratore generale alla ricerca di qualche indizio utile.

Gli atti relativi all’attentato saranno da questa mattina a disposizione della Procura di Catanzaro, che sta già indagando sulle due precedenti intimidazioni ai danni di Di Landro (la bomba fatta esplodere il 3 gennaio scorso davanti al portone della Procura generale e la manomissione del pneumatico dell’auto di servizio del magistrato). Ma i magistrati catanzaresi stanno anche indagando su altre intimidazioni compiute ai danni di altri colleghi che operano nella città dello Stretto.