Milano, 12 luglio 2010 - È di 14 anni di reclusione la condanna che i giudici dell’ottava sezione penale del Tribunale di Milano hanno inflitto al comandante dei Ros dei Carabinieri, Giampaolo Ganzer, accusato insieme ad altre 17 persone di aver costituito un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, al peculato, al falso e ad altri reati.


Per Ganzer è scattata anche l’interdizione perpetua ai pubblici uffici. Condannato anche l’ex colonnello del Ros e attuale membro dell’Aise (servizi segreti) Mauro Obinu, a cui è stata inflitta la pena di 7 anni e 10 mesi di carcere.


I giudici del tribunale di Milano hanno riconosciuto colpevole il comandante del Ros dei carabinieri, Giampaolo Ganzer, per alcuni episodi su presunte irregolarità in operazioni antidroga condotte negli anni Novanta da un piccolo gruppo all'interno del reparto speciale dell'Arma, mentre, nei suoi confronti, così come per tutti gli altri imputati è caduta l’ipotesi di accusa di associazione per delinquere. Un elemento, quest’ultimo, sottolineato con soddisfazione da uno dei legali, Fabio Belloni, il quale ha parlato di una "lettura estremamente sofisticata dei fatti" da parte del collegio. Nessun commento è arrivato dalla difesa di Ganzer.


Oltre a Ganzer, sono state condannate altre 13 persone, per lo più ex carabinieri del Ros, dai giudici dell’VIII sezione penale del Tribunale di Milano, mentre 4 imputati sono stati assolti.


Queste le condanne: 5 anni e due mesi più 20mila euro di multa a Michele Scalise; 5 anni e 4 mesi e 22mila euro a Vincenzo Rinaldi; 6 anni e due mesi e 25mila euro di multa a Alberto Lazzeri Zanoni; 10 anni e 44mila euro a Gianfranco Benigni; 10 anni e 44mila euro a Rodolfo Arpa; 13 anni e sei mesi e 59mila euro a Gilberto Lovato; 6 anni e mezzo e 25 mila euro a Costanzo Leone; 6 anni e 24mila euro a Laureano Palmisano; 1 anno e mezzo e 32mila euro a Carlo Fischione; 7 anni e 10 mesi e 35mila euro di multa a Mauro Obinu; 1 anno e mezzo e 2000 euro a Bruno Zanda; 5 anni e 20 milaa euro a a Ezio Lucato; 18 anni e 80mila euro a Bou Chaaya Jean Ajaj.


Ganzer è stato condannato a 14 anni e a 65mila euro di multa. Assolti per non aver commesso il fatto il carabiniere Antonio Gallace e Luis Enrique Otoya Tobon, Najef Smadi e Malek Mahoud. Ganzer è stato riconosciuto colpevole per le ‘operazioni Cobrà e ‘operazioni Cedro'.

 

LA FIDUCIA DELL'ARMA - Fiducia del Comando generale dell’Arma al generale Giampaolo Ganzer. Il comandante generale dei Carabinieri, Leonardo Gallitelli, "nel rispetto della sentenza, è fiducioso - si legge in un comunicato - nel favorevole esito dei prossimi gradi di giudizio e conferma la piena affidabilità del Generale Giampaolo Ganzer e del Ros".

 

"La grande professionalità e il rigoroso impegno del generale Ganzer e del Reparto da lui guidato - sottolinea la nota del Comando generale dell’Arma - trovano riscontro negli straordinari risultati conseguiti in questi anni, e anche nella giornata odierna, nella lotta al crimine organizzato e all’eversione".

 

IL GENERALE GIAMPAOLO GANZER - LA SCHEDA

È una vita spesso sopra le righe quella di Giampaolo Ganzer, 61 anni, sul filo del rasoio e con inquietante frequenza finito nel mirino della magistratura. L’uomo che dal gennaio 2002 è al vertice della struttura dei carabinieri deputata a occuparsi delle indagini e delle operazioni più delicate e importanti, esce dall’accademia militare di Modena alla fine degli anni ‘60. Ganzer ha il grado di capitano quando alla fine degli anni ‘70 viene designato dal generale Dalla Chiesa a ricoprire il ruolo di uomo di punta del nord est nelle indagini contro l’eversione.


Dal ‘79 al ‘90 è alla sezione speciale anticrimine di Padova. È sua la firma nel voluminoso dossier che viene consegnato alla procura della repubblica di Padova e che porta nel 1980 alla cattura di decine di militanti dell’autonomia operaia con l’accusa di costituzione e partecipazione ad associazione sovversiva e banda armata, operazione inscritta in quel complesso meccanismo politico giudiziario che viene ricordato come "Processo 7 aprile".


Sul fronte della criminalità organizzata alla fine degli anni ‘80 si fa ricordare per aver sgominato una banda di giostrai che operava nel Friuli. Uno dei suoi uomini nel Veneto riesce ad infiltrarsi nella banda di Felice Maniero e Ganzer finisce nei guai per false dichiarazioni al Pm proprio per per proteggere un suo collaborante. È invece negli anni ‘90 che il colonnello Ganzer inciampa nell’inchiesta condotta dal sostituto procuratore di Brescia Fabio Salamone sul nucleo antidroga del Ros di Bergamo. Secondo l’accusa i carabinieri ingaggiavano direttamente i "cavallini" dando loro l’incarico di comprare la cocaina e trovare i clienti.


Salamone ipotizza che nel corso di un sequestro di 150 chili di cocaina non viene verbalizzato il contestuale sequestro di circa un miliardo e mezzo di lire e che vengono illegittimamente importati dal Libano kalashnikov, lanciamissili, missili e munizioni per essere successivamente "sequestrati". Tutto viene pensato e organizzato per ottenere visibilità e far carriera nell’Arma. Insomma, si organizza l’importazione di droga e armi di cui si coprono i trafficanti e si fanno sparire i proventi.

 

Agli interrogatori con Salamone i suoi sottufficiali si presentano con microfoni nascosti sotto il bavero della divisa e registrano anche ciò che non viene messo a verbale: gli scoppi d’ira del Pm e le sue invettive nei confronti del colonnello. Questa circostanza consente a Ganzer di paralizzare per un lungo periodo l’inchiesta e di denunciare per abuso Salamone alla procura di Venezia.


Nel 2002 Ganzer viene nominato comandante del Ros dei carabinieri. E, dall’inizio del processo nel 2005 ad oggi i risultati del contrasto alla criminalità e al traffico internazionale di droga parlano chiaro: 56 latitanti arrestati di cui 12 dei 30 maggiormente pericolosi, quasi 2 miliardi e mezzo di euro e poco meno di 15 tonnellate, tra beni e sostanze stupefacenti sequestrati. Il comandante del Ros dei carabinieri prima che i giudici entrassero in camera di consiglio per la sentenza nel processo milanese ha voluto sottolineare il fatto di non aver mai "ingannato" nè i suoi "superiori", nè i suoi "dipendenti", nel corso della sua attività nel Raggruppamento operativo speciale dell’Arma.


Nel corso delle sue "poche e brevi riflessioni" davanti ai giudici, senza un testo scritto ma pronunciate ‘a bracciò, Ganzer ha fatto riferimento anche ad alcune operazioni antidroga, attuate con metodi irregolari, secondo l’accusa, e al centro del processo. In particolare, ha spiegato di aver sempre sostenuto "la mia assoluta non conoscenza" dell’operazione ‘Hopè, da lui definita "lo snodo della vicenda" processuale. Il generale ha aggiunto che "il mio preciso dovere istituzionale da comandante del Ros è la ricerca della verità. "Quello che viene qui contestato è il metodo che ho sempre prescritto fin dal ‘94, fatto di attività strumentali, indagini antiriciclaggio e attività sottocopertura. È un metodo che rivendico".


Ha detto ancora il comandante del Ros. Un metodo, secondo il generale, che è stato anche riconosciuto dalla legge che nel 2006 ha regolato le attività sotto copertura nell’ambito del contrasto al narcotraffico. Il processo a suo carico, infatti, secondo Ganzer, ha creato "situazioni di incertezza e possibili preoccupazioni, che si sommano a quelle che ci sono già sul campo" nelle indagini antidroga. Il generale, facendo riferimento ad alcune considerazioni dei suoi difensori che gli hanno spiegato che il processo ha senza dubbio danneggiato la sua carriera nell’Arma, ha detto: "Questo è senz’altro vero". Ed ha poi aggiunto: "Ma non me ne sono mai rammaricato, perchè sono stato gratificato dal prestare servizio per 35 anni nei reparti operativi dei Carabinieri, privilegio che mai nessun officiale ha avuto".