{{IMG_SX}}Roma, 19 gennaio 2008 - "Adesso sono pentito, ho sbagliato, quel pomeriggio non capivo più niente. Se Hina non fosse venuta a casa ma fosse andata con sua madre in Pakistan non sarebbe successo niente. Quel giorno non ho saputo controllarmi, ho perso la testa e ho ucciso mia figlia".

 È Mohammad Saleem, operaio pachistano che ha ucciso la figlia Hina l'11 agosto del 2006 e che è in carcere per scontare una condanna a 30 anni, a parlare per la prima volta attraverso il suo avvocato, in un'intervista a quotidiano 'La Stampà.


"La mia vita è troppo brutta - continua Mohammad Saleem - qualche volta ho visto la televisione. Parlano male di me. Dicono che ho ucciso una donna perchè sono musulmano. Io penso che non c'entra essere musulmano o italiano. Quando una persona è brava è brava..".

"E mia figlia non era brava. Io non volevo che lei vivesse da sola, che ci abbandonasse, che si drogasse... Volevo solo poter stare con lei come prima, quando era piccola. Lei mi mancava. Volevo - prosegue - che seguisse una strada dritta come quella che seguiva quando era in famiglia. Non ho mai voluto ucciderla. Non l'ho mai pensato. Stavo male, ero preoccupato, sapevo che si drogava, si prostituiva, sapevo tante cose brutte. Io ho sempre seguito una strada dritta".