{{IMG_SX}}Bologna, 14 giugno 2007 - Si presentavano come mail della Polizia, in realtà servivano a diffondere un virus per creare connessioni fraudolente tramite i pc di casa, con lauti guadagni per i truffatori informatici. Tre italiani - due dei quali residenti all'estero, con precedenti per reati analoghi - sono stati denunciati dalla Polizia Postale di Bologna in quanto ritenuti i responsabili dell'invio di una vera e propria pioggia di e-mail dirette, nei giorni scorsi, a migliaia di cittadini italiani.


Il virus- attivo solo 48 ore, prima del blocco effettuato dalla Polizia postale e delle comunicazioni di Bologna - aveva già contagiato oltre 640 utenti sparsi in tutta Italia (40 solo in Emilia Romagna), determinato più di duemila connessioni fraudolente per un importato di quasi 22 mila euro.

 

Gli utenti sono stati informati dalla Polizia del raggiro per le denunce del caso. I messaggi - a una prima occhiata spamming - erano cominciati ad arrivare il 15 maggio scorso, apparentemente dal sito web della Polizia di Stato. I messaggi risultavano inviati dal capitano Prisco Mazzi, che contestava ai destinatari la violazione delle norme sul diritto d'autore per aver «scaricato» illegalmente musica in formato mp3. Per evitare ulteriori conseguenze, il falso capitano invitava a non trasgredire più la legge, ed ad aprire un file allegato al messaggio. Proprio con questa operazione l'utente veniva automaticamente connesso verso un server collocato nella Federazione Russa. La connessione determinava la diffusione del virus : con altre complesse operazioni, la tariffazione veniva catalogata come speciale.

 

Scoperto l'inganno, la Polizia ha individuato due utenze non geografiche - con prefisso 899 - e una satellitare - prefisso 0888- alternativamente composte dal combinatore automatico. Analizzando le numerazioni, gli agenti hanno successivamente individuato le tre società a cui erano stati assegnati originariamente. Si è così scoperto che le società in questione avevano ceduto i numeri ad altre società, una in Inghilterra, l'altra nella Repubblica Ceca.

 

Entrambe sono risultate facenti capo a un italiano - A.V., residente da tempo nel Regno Unito - già altre volte denunciato dalla Polizia per diffusione di virus informatici. Denunciato altri suoi due connazionali, M.I. e G.B.