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Viaggio nella crisi Ferrari: il Potere (1)Leo Turrini - 15 maggio 2019

Viaggio nella crisi Ferrari.
Ogni promessa è debito.
Rispondo per categoria d’argomenti alle vostre sollecitazioni. Ognuno si riconoscerà nel tema trattato.
Parto dalla Politica, con la maiuscola.
Henry Kissinger, segretario di stato Usa, replicava così a quanti lo invitavano a coinvolgere l’Europa nella gestione dei guai del pianeta: ma chi me lo dà, il numero di telefono dell’Europa?…
Mattia Binotto il numero di John Elkann ce l’ha, però non sono sicuro gli tornerebbe utile digitarlo.
Mi spiego meglio, precisando che limito il mio campo di osservazione alla Ferrari da Gran Premio.
Non cito l’epopea del Drake, era un altro mondo.
Ma di sicuro Montezemolo e Marchionne sono stati due presidenti “interventisti”.
LCDM aveva una cultura racing, era stato diesse del Vecchio, alle corse teneva tantissimo per cultura, tradizione, passione personale.
SM fisicamente a Maranello c’era poco ma poiché per eliminare Luca aveva scelto il pretesto delle sconfitte in pista, ecco, aveva l’ossessione dei risultati, stava addosso ai sottoposti, li martellava in continuazione con richieste di spiegazioni e inviti all’azione.
Ma Elkann?
Quanto è credibile un numero uno che va a Baku e si compiace del giro veloce in gara alla fine di un week end desolante?
LCDM e SM mai avrebbero mortificato così la passione di milioni di ferraristi.
Badate bene.
Talvolta la forma è sostanza, talvolta il messaggio è tutto.
Badate bene, ancora.
Ne’ Montezemolo ne’ Marchionne “facevano” la macchina. In compenso, se Todt aveva un problema (con la Fia, con il fornitore gomme, con un pilota, ect) chiamava Luca sapendo che avrebbe trovato un interlocutore attento. E magari Sergio sbiellava e scagliava fulmini, però con Arrivabene ci parlava, sia pure per maltrattarlo spesso e ingiustamente.
Ma Elkann?
E sia chiaro che qui io non sto turibolando incenso. Molti sanno che io reputo LCDM un presidente Ferrari straordinario, per esiti ed emozioni. Ciò non toglie che abbia commesso errori anche gravissimi (il si’ alla rinuncia dei test, invece l’ok all’ibrido era storicamente inevitabile). Così come l’evoluzione del Marchionne pensiero sulla F1, vedi vicende Allison-Sassi-Resta, induce a sospettare che la fretta di imitare i risultati di LCDM nei Gp sia stata cattiva consigliera.
Qualcuno obietterà: caro Leo, ma Elkann per ovvi motivi è una figura di rappresentanza, quindi prenditela con Camilleri.
Un momento.
Camilleri è stato scelto dagli azionisti, immagino con cognizione di causa. Bisogna capire che margini di manovra ha. Si presentò a Monza dichiarando che Arrivabene era perfetto e che tutto funzionava divinamente sotto i cieli di Maranello, quando io sapevo che Il casino era biblico e quattro mesi dopo è noto cosa accadde.
Facciamo che Camilleri lo giudicheremo alla distanza.
Nel frattempo, chi risponde alle chiamate di Binotto? Chi è in grado di aiutarlo a valutare se ci sia bisogno, per dire, di risorse umane da fuori?
Tanto utile, in un contesto del genere, la sovrapposizione anti storica tra ruolo di team principal e figura di direttore tecnico non è stata.
Ma non è per tutto quanto raccontato sopra che la Ferrari perde e perde male.
In compenso, quanto raccontato sopra non aiuta la Ferrari a vincere.
(Continua)