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Vettel, ripartenza a Shanghai dieci anni dopo?Leo Turrini - 9 aprile 2019

Tu chiamalo, se vuoi, corto circuito.
No, non quello sulla Rossa di Leclerc.
Parlo di un corto circuito di emozioni.
Shanghai, 2009.
Dieci anni fa.
Si era già capito che il mondiale era segnato dalla diavoleria del doppio diffusore.
Avremmo visto vincere il campionato una Scuderia formalmente iscritta al mondiale per una stagione sola, una ex Honda con motore Mercedes denominata Brawn, in omaggio al grande Ross.
Bizzarra vicenda, che a prescindere dai meriti dei protagonisti, da Button in giù, non so quanto abbia contribuito alla credibilità dell’ambiente.
Lasciamo stare.
Quella domenica in Cina venne giù un diluvio spaventoso.
Era come le nuvole si fossero trasformate in cascate.
Aperte sull’asfalto.
Io ero inzuppato come un pulcino. Cercavo disperatamente una mantellina, un cappuccio, qualcosa che potesse sottrarmi alla pioggia battente.
Niente da fare.
Vagavo per quel paddock riflettendo sul senso della vita (capita, in situazioni del genere) quando mi si avvicinò un ingegnere della Ferrari.
Uno che aveva lavorato con Schumi.
Puntò il dito contro il cielo e sibilò: oggi invece il ragazzino del motoscafo.
Pensai fosse stato colpito da un fulmine, in quel delirio d’acqua.
Cortesemente, l’ingegnere mi spiegò: zuccone, vince Vettel, il bambino della Red Bull. Sul bagnato, è l’unico che per sensibilità di guida può essere accostato a Michael.
Mi misi a guardare la corsa.
Seb, che con la ex Minardi aveva già trionfato a Monza pochi mesi prima, si mise a fare il surf sulle onde di Shanghai.
Ohi, ma questo è un grande, mi dissi quando riuscivo a scorgerlo tra gli spruzzi che si levavano.
Sono passati dieci anni.
Rispetto le perplessità altrui, ci mancherebbe.
Ma io non ho cambiato idea.