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Un giorno con KubicaLeo Turrini - 13 dicembre 2014

Sono andato a fare un salto al Motorshow.

Era pieno di gente.

Credo sia una buona cosa tentare di rilanciare l’evento.

Non sono un esperto, ma qualunque iniziativa si ponga come obiettivo l’idea di attenuare, mettiamola così, la rassegnazione nazionalpopolare merita sostegno.

E poi mi faceva piacere trascorrere un po’ di tempo con Robert Kubica.

Uno dei migliori piloti, in F1, dell’ultima generazione. Fin quando il destino non ha cambiato traiettoria.

Ecco cosa mi ha raccontato, in una pausa del Memorial Bettega, da lui disputato insieme al geniale Ken Block, a mio fratello di tv Jacques Villeneuve e allo spericolato Gianluigi Galli.

‘Vedi, a me non manca la Formula Uno intesa come ambiente, come contorno, eccetera. A me manca enormemente la Formula Uno intesa come monoposto da guidare. Perchè quello era stato il sogno della mia esistenza. Io sono nato per correre in pista, sono cresciuto lavorando per realizzare questo desiderio e ci ero riuscito. Poi…’

‘Fisicamente riuscirei anche a pilotarla, una vettura da Gran Premio. L’anno scorso ho fatto dei test e non sono stati negativi. Ma non sono più in grado di replicare lo sforzo, diciamo così. E quindi non ha senso pretendere di ricominciare e allora mi sfogo con macchine di altro tipo, con le auto per i rally. Sempre corse sono, sempre adrenalina è. Ma la Formula Uno, ecco, rimane qualcosa di unico…’

‘Sai quale monoposto mi ha dato più soddisfazione, dico come driver? La Renault di Alonso del 2005, quella con la quale Fernando vinse il suo primo titolo. Ebbi il permesso di collaudarla ripetutamente alla fine di quella stagione. Era una vettura fantastica, ti trasmetteva una emozione quando la guidavi…’

‘Sono amico di Alonso. Non credo abbia un brutto carattere poi ognuno di carattere ha il suo e amen. Sono sicuro che negli anni spesi in Ferrari ha dato il meglio di se stesso per centrare l’obiettivo. Adesso comincia per lui una nuova grande sfida. Se riuscisse a riportare in vetta la McLaren, considerata la base dalla quale parte, ecco, credo che questa diventerebbe l’impresa più bella della sua carriera. E io sinceramente mi auguro che stavolta realizzi la missione che si è dato…’

‘Il collega che mi ha impressionato di più, negli anni in cui sono stato sulle piste, sin da quando eravamo ragazzini, era e rimane Hamilton. Lewis si merita le enormi soddisfazioni che ha avuto nel 2014’.

Ps. Un mio corazziere gentilmente provvederà a postare foto, abbiate fede (e anche speranza, nonchè carità).