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Tutta la verità sul contratto di VettelLeo Turrini - 2 giugno 2019

Complimenti a Petrucci e alla Ducati.
A seguire, tutta la verità sul contratto di Vettel.
Uno. A certi livelli (dunque il discorso non riguarda solo Seb) è normale prevedere una clausola “opt out”. Tradotto: ognuna delle parti, rispettando determinate condizioni, ha il diritto di interrompere la collaborazione prima della scadenza prefissata.
Due. Al momento in Ferrari nessuno ha in mente di congedare il tedesco in anticipo. A Maranello sanno bene che nell’abitacolo potrebbe calarsi anche Capitan America, ma con questi valori tecnologici il mondiale non lo vincerebbe nemmeno lui.
Tre. Non conosco invece le intenzioni di Vettel. Già che ci sono, ringrazio quanti mi hanno attribuito misteriose risorse divinatorie, avendo io incrociato al Montana il campione e Rory Byrne. Ma erano lontani dal mio sempre ingombro tavolo e io mi sono limitato a pensare che sarebbe bellissimo se un altro pilota tedesco vincesse un titolo con l’aiuto di un progettista sud africano. Non ci vedo nulla di originale, in un pensiero del genere. E infatti non l’avevo scritto.
Quattro. Di sicuro Vettel vive il presente con un sentimento di legittima frustrazione. È al quinto anno in Italia, ha dato tanto, ha commesso alcuni errori, ha vinto una dozzina di Gran Premi o giù di lì. Secondo me meriterebbe ben altro rispetto nell’universo mondo dei media e dei social, ma non pretendo che la mia opinione sia condivisa.
Cinque. Ignoro la supposta esistenza di problemi personali nella vita di Vettel. Faccio questo mestiere, ahimè avendo iniziato giovanissimo, da quasi mezzo secolo. Ho sempre tutelato la privacy dei soggetti di cui mi dovevo professionalmente occupare, ammesso ne sapessi qualcosa. Ma, in questo caso, orgogliosamente non so una mazza.
Sei. Non credo che Hamilton sia pronto per venire a vestirsi di Rosso. Le cose hanno preso una piega (brutta!) tale che nel giro di diciotto mesi Lewis potrebbe eguagliare il mitico record schumacheriano dei sette titoli. Chi glielo fa fare di cambiare aria adesso?
Sette. Al tempo stesso, non c’è bisogno di aver letto Freud per intuire che a LH piacerebbe, in prospettiva, riuscire dove ha fallito Alonso e dove, fin qui, sta stentando Vettel. È normale, i fuoriclasse hanno nell’orgoglio la molla che li spinge ad affrontare sfide epocali.
Otto. Se un giorno Hamilton arrivasse in Ferrari, io ne sarei contento, come lo sono stato quando arrivò Vettel. Non condivido la repulsione istintiva e preventiva. Libero ognuno di pensarla come crede, ci mancherebbe. Ma dal 2007 in poi sfido chiunque a trovare una mia riga con messaggio del tipo: mai il Re Nero in groppa al Cavallino. Infatti, non l’ho mai pensato.
Nove. Agnelli ingaggiò Platini nel pallone e più tardi diede il placet all’arrivo di Schumacher. Suo nipote John Elkann ha dato l’ok at alla operazione Cristiano Ronaldo.
Dieci. Buona settimana a tutti.