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Se telefonando (a Maurizio Arrivabene)Leo Turrini - 25 maggio 2019

Sogno di mezza primavera.
Tutto quello che state per leggere è totalmente inventato.
Anche se, come nel Far West di Liberty Valance, il verosimile prevale sul vero.
Quando accadono cose come quelle capitate in casa Ferrari nel sabato monegasco, un povero cristo cosa fa?
Si attacca, disperato, al telefono.
Prima chiamata.
Al Capo supremo.
Io-io-io-io-io.
Occupato (cioè, il telefono del Capo supremo non fa tu-tu-tu-tu, quando è occupato. Sarebbe lesa maestà).
Allora il povero cristo, che ha ancora stampata nella mente l’immagine di Leclerc costretto ad attendere di essere eliminato nel Q1, il povero cristo, dicevo, digita un segretissimo numero svizzero.
Segreteria.
“Testa bassa e lavorare”, gracchia una voce metallica che pare un ventriloquio e giuro che non mi sto riferendo al mio cuginetto Alberto Antonini.
Allora il disgraziato cultore della leggenda Rossa, che sarei poi io, compulsa nervosamente l’agenda elettronica e clicca sul codice KR7.
Bwoah.
Non risponde (un classico, conoscendo il soggetto).
Riproviamo il numero svizzero.
Sembra incredibile, ma nel frattempo è stata cambiata la segreteria.
Il messaggio lo trascrivo.
“Salve, sono il Predecessore. Se avete chiamato per dirmi che ve l’avevo detto, ebbene, è vero. Ve l’avevo detto. Anzi, glielo avevo detto”.
Ah, i sogni.
Poi ti risvegli e ti chiedi: e se fosse vero?