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Mi dispiace, ma è giusto abbia vinto VerstappenLeo Turrini - 30 giugno 2019

Mi dispiace dirlo.
E tanto.
Ma l’onesta’ intellettuale vale più della passione del tifoso.
Sono d’accordo con la decisione che ha lasciato a Verstappen la vittoria nel Gran Premio d’Austria di Formula Uno. Lo sono per la stessa ragione che mi ha spinto a contestare aspramente il verdetto canadese ostile a Seb Vettel.
Chi, dopo Montreal, la pensava come me e dunque era ferocemente incazzato, oggi non può sostenere l’opposto.
Credo, non da oggi, che la Formula Uno sia soffocata da un groviglio di regole troppo rigide, in contraddizione con lo spirito stesso dell’automobilismo. E non cambio idea per…convenienza ferrarista. Era ingiusta la punizione inflitta a Seb in quel di Montreal. Sarebbe stata ingiusta la penalizzazione all’Olandese Volante per la manovra ai danni di Carletto Leclerc. Chi governa le corse dovrebbe studiare meglio la materia. A trecento all’ora, pretendere comportamenti da diciottenni all’esame per la patente non ha senso.
Tutto ciò premesso, sempre per onestà intellettuale, si intende che la Rossa ha il sacrosanto diritto di lamentarsi per i due pesi e le due misure. Le parole di Mattia Binotto nel dopo gara le condivido virgole comprese. Non può esistere che a norma uguale (secondo me, ripeto, sbagliata) sia data interpretazione diversa.  L’imbarazzante gestione del potere da parte della federazione internazionale emerge una volta ancora.
Purtroppo. E tornano le perplessità che ho già esposto su chi conta come il due di coppe quando è briscola bastoni. Purtroppo bis.
Peccato, davvero. Perché in quel finale spasmodico, con la Red Bull in costante e clamorosa rimonta, c’era tutta la sofferenza non soltanto di un grande Leclerc ma di un gruppo, quello capitanato da Mattia Binotto, costretto da mesi a confrontarsi con una realtà tecnica egemonizzata dalla Mercedes. Al netto di qualunque polemica, è stato bello vedere in Austria una monoposto, la SF90, capace di giocarsela con la Freccia d’Argento. Senza un pasticcio in sede di pit stop, con l’altra Ferrari Vettel sarebbe finito davanti non solo ad Hamilton ma allo stesso Bottas.
È un segnale. Piccolo, magari. Di sicuro decisamente tardivo, considerato il bilancio degli otto Gran Premi precedenti. Ma potrebbe essere l’inizio e l’indizio della sospiratissima inversione di tendenza.
Abbiamo davanti una estate per provare a crederci.
Sperando che i due pesi e le due misure escano per sempre dai nostri radar.