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Dal sipario su Montecarlo al mondiale del 1999Leo Turrini - 20 marzo 2020

Spero tutti bene.
E tutti in casa. Fuori infuria la bufera ma mi fido del mio Dream Team, figlia e fratello medici in prima linea. E grazie alla Ferrari per quello che farà sul fronte delle apparecchiature sanitarie indispensabili.

Dalla cancellazione di Montecarlo allo slittamento delle regole nuove al 2022, tutto era purtroppo facilmente e malinconicamente prevedibile. Risparmiatemi le elucubrazioni sul “cui prodest”: qui c’è in ballo ben altro.
Quando il presente è così cupo, meglio il passato.

Allora, sto ripercorrendo le tappe del fantasmagorico mondiale F1 del 1999, su sollecitazione di uno di voi.
Siamo arrivati all’Austria. Prima gara post incidente di Schumi a Silverstone.
Sei ore di macchina fino a Zeltweg. Guida mio cugino poliziotto, uno che ti smaschera i troll e te li individua nonostante i cambi di nickname.
Nel box Ferrari c’è una atmosfera malinconica. Senza Michael al volante, beh, lo sappiamo tutti: la McLaren è più forte. In compenso circola voce che i rapporti tra Hakkinen e Coulthard non siano dei migliori.
È arrivato Salo, il sostituto di Schumi. Parla pochissimo. Avrei scoperto anni dopo che rispetto a Kimi era un chiacchierone!
Irvine è decisamente più concentrato del solito. Ha respinto la proposta di Montezemolo: a fine stagione andrà comunque alla Jaguar.
Il sabato le McLaren scappano via. Salo non capisce una mazza della macchina e fa notizia solo per la moglie.
La sera, Ross Brawn si apparta con Eddie. Ross è un personaggio gigantesco, alcuni se renderanno conto solo molto più tardi. Abitava dietro casa mia e teneva le sue cianfrusaglie in un garage di mia proprietà. Forse ci metteva anche le casse di banane che sistematicamente divorava al muretto, boh.
Comunque, la mattina della domenica Eddie mi racconta che Ross gli ha detto: se i due della McLaren pasticciano un po’ avremo una possibilità giocando sulle soste, ma solo se tu riesci a fare un numero alla Schumi. Se te lo chiedo via radio, te la senti?
Se la sente. Io a distanza di vent’anni ancora non ho compreso come abbia fatto, però in un finale da paranoia Irvine vince il Gran Premio d’Austria. Mentre Salo becca due giri.
E qui accade una cosa strana.
Ebbro di felicità (era una impresa Ferrari in un momento psicologicamente pesante) mi precipito fuori dalla sala stampa. Voglio festeggiare per cinque minuti nel paddock, prima di riempire sei pagine di giornale (sei, yes: era estate, calcio fermo, no Olimpiadi: si parlava solo della Ferrari, in Italia).
Spunta il mio cugino poliziotto, maestro delle indagini. Mi fa: guarda che Todt non andrà sul palco della premiazione, manda un altro della squadra.
Cosa?!? Da quando il Pinguino era il numero uno di Maranello, mai aveva disertato il podio. Mai! E lo fa in una domenica così.
Lo fa e io scrivo che quel gesto è una macchia, l’unica, su una domenica bellissima. Apriti cielo. Incazzatura furibonda del diretto interessato, che rivendica il diritto di privilegiare l’immagine della Scuderia e bla bla bla.
Il lunedì mattina mi chiama Montezemolo. Dice che è dispiaciuto, che è tutto un equivoco e che Todt sta sotto stress. Rispondo che lo stress ce l’ha chi lavora otto ore in fabbrica, mica i fighetti da brodo. L’avvocato mi conosce, ci vogliamo bene, ognuno ha il diritto di pensarla come vuole sul personaggio ma è stato e resta l’uomo che ha portato la Ferrari nel futuro rispettandone la tradizione.
Alla fine della telefonata Montezemolo sospira: Turrini, lei ha ragione, Jean ha sbagliato ma non me lo faccia dire in pubblico.
E si va in Germania, subito.
Hockenheim.
Qui succede un’altra cosa strana. Schumi sta meglio e si sa che ha accettato di registrare un video messaggio di saluto da trasmettere sugli schermi giganti del circuito prima della partenza della corsa. Bene, penso, sarà un piacere rivederlo, sia pure da lontano.
Irvine è il personaggio del momento. Salta fuori di tutto. Anche che ha una figlia segreta, da qualche parte nel mondo. È vero e non ne aveva mai parlato in pubblico.
Salo pare trasformato. Bisogna anche aggiungere che la pista è tutta un drittone. Berger la adorava, spezzo’ un lungo digiuno Ferrari ad Hockenheim nel 1994 e poi spiegò ridendo che era stato facile, “sui rettilinei ti puoi anche addormentare, la macchina va da sola”.
Griglia di partenza.
Ecco Schumi sullo schermo gigante. Sorride. Fa un discorsetto in tedesco. Boato della folla. Solo che.
Solo che Michael non nomina mai Irvine, nel suo intervento. Nemmeno Salo. In compenso, fa gli auguri a…Frentzen!
Gesù, Giuseppe e Maria.
Ma ci penserò dopo. La gara parte e fra alterne vicende le due Ferrari stanno davanti.
Primo Salo. Secondo Eddie.
Qui debbo confessare che Irvine aveva preso in parola Berger. Cioè dormiva, quella domenica ad Hockenheim.
Non per niente i suoi meccanici lo avevano ribattezzato, già dal 1996, Din Don Dan. Nel senso che talvolta bisognava suonargli la sveglia, perché si appisolava sotto il casco.
Din Don Dan.
Todt ordina l’inversione di posizioni con Salo. Qui, attenzione!, è un punto chiave. Se il Pinguino non vuole vincere il mondiale con Eddie, beh, lascia a Salo la gioia enorme del primo (e unico) successo in F1.
Invece Todt mette Irvine davanti.
Salo non fa una piega. Si limita a sfogarsi via radio quando ha già ceduto la leadership all’irlandese: ditegli di accelerare, va così piano che quelli dietro ci stanno raggiungendo!
Din Don Dan.
Finisce in trionfo. Stavolta di pagine da scrivere ne ho otto! Todt tiene il punto e se non ricordo male (ma potete controllare su YouTube, eh) nemmeno stavolta si presenta sul podio.
Eddie è il leader del mondiale. Siamo al delirio.
Gli chiedo come abbia preso il fatto che Schumi non lo abbia citato nel video messaggio (ma pare ci fosse anche una seconda versione più “ferrarista” in lingua inglese, non mostrata ad Hockenheim perché eravamo in Germania).
Si sarà dimenticato, borbotta. Ma si capisce lontano un miglio che non gliene può fregar di meno.
Che casino.
E siamo appena all’inizio di agosto…
(2. Continua)