custom logo
Cosa pensano a Torino di MaranelloLeo Turrini - 19 dicembre 2018

Sono andato ad Orbassano a condurre un convegno per i 40 anni del Centro Ricerche Fiat.
Tanta bella gente, tra ipotesi di auto del futuro e slide di CR7 (per i miei gusti, facevano meglio a metterci KR7).
C’era anche Dov Moran, il genio israeliano che ideo’ la chiavetta USB.
E anche lui a chiedermi: eh, ma quando torna a vincere in pista questa benedetta Ferrari?
Risposta: si rivolga a quelli che comandano qui dentro. Gli azionisti, intendo.
Io penso che, sia pure da lontano, John Elkann non sia indifferente alle sorti della Rossa da Gran Premio.
Suo nonno Gianni aveva molti difetti, ma era sincero nel suo affetto per la Ferrari. Non era granché competente in materia, ma aveva una venerazione per il Vecchio di Maranello.
Una volta, era il 1997, trascorremmo una mattinata assieme in mezzo a Ferrari d’epoca, in piazza a Modena.
Le domande dovevo farle io e invece me le faceva lui. Agnelli non sopportava i Gran Premi, li trovava noiosi. Ma andavo matto per l’ora delle qualifiche. Ammirava l’ossessivo puntiglio di Schumi e non aveva mai dimenticato Lauda.
Cose così.
Soprattutto, da azionista si teneva aggiornato. Magari confondeva Brawn con Byrne, ma era sul pezzo.
John Elkann si confronta amichevolmente con Piero Ferrari, il suo vice. Le due famiglie controllano, con patto di sindacato, all’incirca il trentaquattro per cento della azienda (il resto, dopo la quotazione in Borsa, è sparso tra tanti azionisti).
Sarà il loro consenso a determinare le scelte per il futuro, ci mancherebbe.
L’importante è che condividano l’esigenza di investire le risorse indispensabili per spezzare il monopolio Mercedes in Formula Uno.
Per questioni di DNA, ovviamente su Piero non ha dubbi.
Su John Elkann, sperando abbia buona memoria del nonno suo, parleranno prossimamente i fatti.
We wait.