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C’erano una volta la Williams e la MinardiLeo Turrini - 10 febbraio 2019

C’era una volta la Williams.
Nel lunedì che inaugura la settimana delle presentazioni scopriremo la macchina che guiderà l’amico Roberto Kubica.
E forse proprio il coraggioso tentativo dell’ex ragazzo polacco rappresenta l’unica nota lieta, per un team che ha contribuito alla storia della Formula Uno.
Quaranta anni fa, nell’estate del 1979, Clay Regazzoni vinse il primo Gran Premio per la Scuderia di Frank.
Con quel marchio, storie fantastiche si sono materializzate. Alan Jones. Piquet padre. Mansell. Prost. I figli di Hill e Villeneuve.
Ma Williams significa anche Montoya, un passaggio malinconico di Zanardi, il fratello di Schumi, persino una vittoria di Pastor Maldonado.
E ovviamente nulla evoco della tragedia di Ayrton.
Come e perché la Williams si sia ridotta così, eh, è materia di dibattito.
Soldi che non ci sono più, è la spiegazione più ovvia.
Forse non dice tutto. Di sicuro a me mette tristezza un declino così drastico.
Buona fortuna a Kubica, allora.
Una volta c’era anche la Minardi.
Una Scuderia che ho amato tantissimo. Per merito di Giancarlo e di Martini e di Tredozi e di Fisichella e di Trulli e di Alonso e di Webber…
Oddio, per Minardi hanno corso anche notevoli pipponi, penso a Mazzacane che doveva il nome alla strage di randagi consumata sulle polverose strade della provincia argentina.
Ma Minardi per molti anni fu una nave scuola. Ha forgiato piloti ed ingegneri, offrendo una prospettiva a chi era animato dalla passione.
Oggi la Minardi si chiama Toro Rosso ed è tutta un’altra storia, con i denari dei Bibitari sullo sfondo e una identità, comunque interessante, da team satellite.
Ma che ci volete fare? Non vi sembrerò normale ma è l’istinto (della memoria) che mi fa volare.
Io rimpiango Giancarlo, Martini e Tredozi, pur essendo curioso di scoprire le forme della Toro Rosso, nel lunedì che porta all’Evento di venerdì 15…