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Addio a Frank Williams, il Ferrari ingleseLeo Turrini - 28 novembre 2021

Ho sempre voluto bene a Frank Williams.
Penso che con lui se ne sia andato l’unico “garagista” britannico che davvero meritava di essere avvicinato alla mitica figura di Enzo Ferrari.
Del resto e non per caso, da giovane Frank era venuto a vivere nel modenese!
Faceva il meccanico al servizio delle ambizioni corsaiole di De Tomaso, pittoresco e funambolico hidalgo d’Argentina calato sulla terra dei motori in un mix tra passione e rapacità.
Di sicuro in Williams prevaleva la passione. Voleva assolutamente diventare un costruttore di Formula Uno.
Fu bravo a trovare sostegni finanziari tra gli sceicchi e per due decenni buoni, dalla fine degli anni Settanta fin quasi al nuovo millennio, sue furono le macchine che vinsero di più nei Gran Premi.
In mezzo ci fu il terribile incidente stradale che lo condannò alla sedia a rotelle. Ma a quella condizione disperante reagì imponendosi di continuare a vivere per le corse.
Dalla prima vittoria con Clay Regazzoni in Inghilterra nel 1979 fino all’ultimo mondiale con Villeneuve junior nel 1997, passando per le imprese iridate di Jones, di Piquet padre, di Mansell, di Prost, di Damon Hill, ecco, sempre io ho ritrovato in Frank l’entusiasmo del meccanico che a Modena campava di panini.
E poi non posso dimenticare una cerimonia funebre a Morumbi. Maggio 1994, un uomo in carrozzella davanti ad una bara, un silenzio infinito, eterno, sgomento.
Io ero lì. Sapevo che Frank, che pure aveva avuto alle dipendenze fior di campioni, adorava Ayrton. Considerava Senna il migliore.
Fu un feroce sgarbo del destino, che già non era stato tenero con lui, ad unire nella tragedia il pilota e la macchina chiamata Williams.
Quando pensate alla F1, a come era e come è e a come sarà, beh, ricordatevi sempre quanto sia stato grande quest’uomo, il meccanico che mangiava panini in una Modena che non c’è più.