Saronno, "Infermiera killer? Ci fidavamo". La cognata: adesso fare giustizia

La sorella dell’uomo ucciso dai farmaci: due anni di calvario

Gabriella Guerra, sorella di Massimo Guerra (da resto del carlino)

Gabriella Guerra, sorella di Massimo Guerra (da resto del carlino)

Lomazzo (Como), 7 dicembre 2016 - GABRIELLA Guerra riesce a parlare senza rabbia e senza odio. È davanti alla cancellata dell’azienda di famiglia, a Lomazzo, in provincia di Como. Il tono dolce della voce nasconde un dolore infinito e l’ansia di verità. È la sorella di Massimo Guerra, l’uomo che, secondo l’accusa, è stato ucciso con una somministrazione massiccia e ravvicinata di farmaci, per un diabete inesistente, dalla moglie, l’infermiera Laura Taroni, e dall’amante della donna, Leonardo Cazzaniga, anestesista al pronto soccorso di Saronno. 

Signora Guerra, come vivete questo bufera?

«Siamo addolorati e sconvolti per tutto quello che sta emergendo dall’inchiesta». 

Di cui voi familiari non avete mai avuto nessun presentimento? 

«Negli anni in cui Massimo e Laura sono stati sposati, di Laura ci fidavamo ciecamente per tutto ciò che riguardava la salute. Era davvero un punto di riferimento per la nostra salute». 

Cosa facevate? 

«Chiedevamo tutti consiglio a lei, com’era normale, avendo in casa una infermiera».

Adesso vorrebbe dire qualcosa a qualcuno? 

«Alla infermiera che ha fatto partire le indagini va tutta la nostra gratitudine e ammirazione. A lei, ai carabinieri, alla procura, a tutti coloro che stanno svolgendo le indagini». 

E per il futuro? 

«Vogliamo giustizia. Per Massimo e per tutti. Come famiglia possiamo dire solo questo».

Con i familiari ha assistito, impotente, al repentino, inarrestabile decadimento fisico di Massimo, dal primo ricovero a Saronno, nel novembre del 2011. 

«Da quel momento – è un drammatico verbale agli atti di Gabriella Guerra – mio fratello non è più stato bene. Ricordo che con frequenza di almeno due volte al mese manifestava degli stati di malessere; in particolare aveva degli attacchi di sonno improvvisi e irresistibili. Continuava a dire ‘lasciatemi dormire, lasciatemi dormire, adesso mi passa’. Questi malori ci sono sempre stati dopo il primo ricovero fino alla sua morte. Ricordo che in quel periodo Laura mi disse di aver parlato con dei medici che le avevano detto che questi malori erano probabilmente da ricondursi a problemi psicologici ma che Massimo non voleva farsi visitare dagli specialisti».

Inizia la giornata del 30 giugno del 2013. Massimo Guerra ha ancora poche ore di vita. 

«Quella mattina – ricorda Gabriella con gli inquirenti – siamo partiti da casa intorno alle 6.30-7.00 per portarci a Saronno dove avremmo avuto il mercato mensile. Mio fratello era sul furgone con i nostri prodotti e io seguivo con la macchina. Arrivati alla piazza dove si tiene il mercato eravamo fermi in coda quando ho visto mio fratello con la testa china sul volante. Sono scesa e ho visto che stava dormendo. L’ho svegliato e gli ho chiesto ‘Massimo ma ce la fai?’, lui si è destato e mi ha detto che ce la faceva»   «RICORDO – continua Gabriella – che rompemmo una confezione di miele. Massimo ripeteva che aveva sonno e che faticava a stare sveglio. Sapendo dei periodici episodi di torpore, ricordo di avergli detto ‘Massimo ma stai proprio male. Perché non ti fai vedere da qualche altro medico oltre a quelli di Saronno’. Lui mi disse che avrebbe dovuto fare qualche esame. Verso le 10.30 vedendolo ancora stanco e intorpidito lo invitai ad andare a casa visto anche la scarsa affluenza di clienti. Massimo prese la macchina e tornò a casa». 

Rincasato attorno alle 11, Massimo Guerra muore poco prima delle 13, dopo avere agonizzato su un divano. Intanto oggi riprendono alla procura di Busto Arsizio gli interrogatori degli indagati. Verrà ascoltato Roberto Cosentina, all’epoca dei fatti direttore sanitario dell’Azienda ospedaliera.