LATTE, preziosissime latte che arrivavano a Favignana a fogli e venivano tagliate, punzonate, collaudate dagli operai, c’era di tutto, dello stabilimento che trasformava il pescato della Tonnara, dai recordo di 15-16 mila capi ai pochi che l’hanno fatto chiudere. Chiede di riaprirla la Nino Castiglione (migliori marchi GDO e Auriga), che sulla base di 100 tonnellate di pescato vorrebbe a Favignana una produzione premium del nostro tonno rosso con il mitico marchio Florio. Questione di latte e di storia. Prima il pesce, sgombro o tonno, si conservava sotto sale o in salamoia, poi arrivò l’olio dalla Spagna, i Parodi inventarono la scatoletta con chiavetta per aprirle. Tonnare volanti giapponesi (spagnole), reti a circuizione, quote Ue (maltesi), mancata denuncia del pescato, hanno messo in ginocchio le nostre marinerie e reso illegale la pesca occasionale del tonno. La sua nuova diffusione, che sta provocando la crisi di chi pesca alici, sarde e sgombri, giustifica nuove quote e può far riaprire Favignana. Conseguenze sul nostro piatto: tonni o pesci della stessa famiglia che vengono lavorati in Italia vengono dal Mar Rosso, Oceano Indiano e Pacifico. Quello che costa meno e si taglia col grissino è scarto di tonno pressato, il vero filetto di tonno si tagliava a coltello. Ci spiega Filippo Amodeo della Nino Castiglione che «il problema è la certificazione che arriva da quei mari e la catena del freddo. Una piccola barca che pesca senza congelare a bordo è Hemingway (Il vecchio e il mare). Il pesce avrà sicuramente problemi. Ci vogliono tracciabilità e sostenibilità, ma il tonno rosso di Favignana sarebbe il premium del Mediterraneo». Come le scatolette di Luigi Pomata nell’unica nostra tonnara attiva, a Carloforte.