Smettere di fumare per salvarsi la vita. Ridurre il rischio dell’esposizione agli inquinanti inalati con le sigarette è la chiave per perseguire il goal dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che insiste sulla lotta all’epidemia da tabacco come intervento di prevenzione primaria di maggiore efficacia. Sulla base di queste premesse Vincenzo Zagà è stato eletto presidente della Società Italiana di Tabaccologia (SITAB). «Il prezzo da pagare nel tabagismo – ha dichiarato lo specialista, medico pneumologo, già responsabile del Centro antifumo dell’AUSL di Bologna – non è solo quello delle morti precoci evitabili, ma risiede anche nei costi per curare le malattie che derivano dalla dipendenza (6,5 miliardi di euro) senza trascurare i danni sociali e il carico di sofferenza umana».

Nel corso dell’ultimo congresso della società scientifica, che si è celebrato a Bologna, sono stati dibattuti i nuovi scenari, patologie fumo-correlate e programmi di sostegno a chi è intenzionato a smettere, è stata messa a fuoco la particolarità dei fumatori resistenti, gli irraggiungibili, quelli che non ce la fanno a smettere. In questi casi il focus della strategia ruota attorno alla cosiddetta riduzione del danno, valutando quanto incide un risultato di compromesso, considerando pro e contro dei prodotti alternativi e dai rischi potenzialmente ridotti rispetto al fumo di sigaretta tradizionale.

Ci illudiamo che il fumo di tabacco sia un problema risolvibile con la sola buona volontà. Invece c’è bisogno di trattamenti e servizi di cura. «Smettere di fumare da soli è il metodo più diffuso – afferma il presidente Sitab – ma anche quello meno efficace, che produce un esito dell’1-3% a distanza di un anno. I trattamenti farmacologici riescono ad amplificare le percentuali di successo». Gli specialisti di tabaccologia puntano decisamente all’accreditamento dei servizi sul territorio nazionale come i Centri antifumo coinvolgendo strumenti e professionisti per fare fronte comune. (Alessandro Malpelo, QN Quotidiano Nazionale)