La morte di Glenn Frey arrivata una settimana dopo quella di David Bowie ha gettato il popolo del rock nello psicodramma più totale.  Il fatto è che di nuovo in giro c’è molto poco, e questo che da tanto tempo (fra un tot di anni assisteremo a un simile infinito lutto per la morte, che so, di Lady Gaga? Non credo proprio), inoltre perdere la colonna sonora della nostra giovinezza ci ricorda che il tempo passa inesorabilmente, che stiamo invecchiando pure noi, e la porta su una parte della nostra vita si è chiusa o si sta chiudendo. E questo ci spaventa. Ciò premesso  c’è da dire che l’onda emotiva ha creato confusione, specie per la morte di Glenn Frey, che se fosse scomparso 20 giorni fa avrebbe sicuramente suscitato meno clamore. Ora è già partito, inesorabilmente, il revival degli Eagles, ma attenzione al mondo ci sono due Eagles, dove Glenn a dir il vero non è mai mancato, non tanto come chitarrista, ma come buonissimo compositore.  I veri Eagles sono gli iniziali, con Bernie Leadon, un gruppo folk rock tipico della scena western coast californiana. I primi dischi sono memorabili: ‘Desperado’, ‘On the border’, ‘One of these nights’, dove il successo era più che discreto e accoppiato ad un sound country rock. Qualche canzone?’Take it easy’ di Jackson Browne, ‘Ol 55’ di Tom Waits e le loro ballad ‘The best of my love’, ‘Tequila sunrise’ e ‘Desperado’.  Questi sono i veri Eagles. Poi ci sono gli Eagles di ‘Hotel California’, anno 1976: ruffiani, modaioli, sbruffoni, meno western coast e più rock, più volponi. La chiave è l’addio di Bernie Leadon e l’arrivo di Joe Walsh, chitarrista poderoso sicuramente estroso che contribuisce alla virata commerciale di uno dei gruppi più rissosi al mondo, mentre Don Henley flirta con Stevie Nicks dei Fleetwood Mac.  ‘Hotel California’ fu la vittoria di Pirro della band: un perfetto disco pop-rock, vendette 9 milioni di copie solo negli Usa rendendo il gruppo un fenomeno mondiale. Ma ne ottenebrò le menti. Gli Eagles dopo non combinarono più nulla: nel 1979 incisero faticosamente ‘The long run’, un disco patinato ma senza personalità, certo ci sono le hit, ma pallide pallide come ‘I can’t tell you why’ cantata dal bassista capellone Timothy Schmit che ha sostituito Randy Meisner, o la mezzo disco ‘Heartache tonight’. Poi le liti, le reunion, gli addii (Don Felder se ne va e pare chieda come buonuscita 400 miliardi di lire, ehm ehm…) i tour mondiali stile kolossal, come il  concerto a Lucca nel 2001 davanti a una folla adorante con un repertorio da perfetto juke box.  E ora? Ora gli Eagles torneranno a volare, sicuramente: Frey non c’è più, ma qualche concerto in memoria non ce lo toglierà nessuno. That’s business.