Roma, 20 dicembre 2010 - Abbiamo raggiunto Salvatore Sarno, al secolo “Il Comandante”, nella sua Durban. Dall’ufficio della Mediterranean Shipping Company che guida in Sud Africa, il creatore della favola Shosholoza ci spiega perché la prima barca del continente africano non sarà al via nella sfida a BMW Oracle e Mascalzone Latino.
Da sempre uomo diretto, Sarno è stato abituato dalla vita ad alternare le lotte alle bufere improvvise che fanno capolino negli oceani, ma anche a quei giorni di calma piatta che tanto infastidiscono i velisti. Lui, la Coppa America l’ha sognata; poi l’ha fatta diventare realtà nientemeno che per l’Africa. Si è seduto al tavolo dei grandi e qualche volta li ha anche battuti. Oggi però non ci sta più al gioco al rialzo. E almeno per questo giro, lui e l’Africa passano la mano: il sogno costa decisamente troppo! L’America’s Cup è sempre attualità. Gli americani fanno le regole e sembra che le facciano insieme a Mascalzone Latino, Challenger of Records della 34° edizione. Shosholoza al momento non è tra gli sfidanti.
Cosa succede? Le capita di essere fermato dagli appassionati di vela che chiedono di Shosholoza? Ci dice cosa le dicono esattamente?
"Beh, mi capita molto più spesso di quanto avessi mai potuto immaginare. Shosholoza è rimasta viva nella mente degli appassionati di vela perché chiunque avrebbe potuto immedesimarsi nel ruolo di uno dei miei ragazzi. Mi si chiede se parteciperemo alla prossima Coppa America e io rispondo che sarà molto difficile. Molti vogliono sapere cosa fanno i ragazzi, e non rimangono sorpresi nell`apprendere che quasi tutti sono ritornati ai lavori originali.
Facciamo un passo indietro a qualche anno fa. Come nasce Shosholoza?
"Shosholoza era un suo sogno, ora è realtà"
E come si realizza un sogno?
"Costa un sacco di stress. Mio figlio che è un ottimo chirurgo mi ha sempre detto che esistono due tipi di stress: quello buono e quello cattivo. Quello buono è quello prodotto dal lavoro che si ama, e dalle imprese come Shosholoza: qualcosa che stanca ma non ammala. Quello cattivo e`prodotto dalla cattiveria della gente, e anche da un lavoro che non si ama. Ci si ammala e ci si può rimettere la salute com`e`successo a me, per la cattiveria dopo Shosholoza. Sono sempre stato un sognatore, proprio come la canzone di Peppino di Capri. Da bambino, a casa mia a Nocera, salivo sulla montagna per vedere uno spicchio di mare, e sognavo di conquistarlo, un giorno, prima o poi. Non ho mai smesso , ci ho sempre creduto ed in qualsiasi cosa che ho fatto ho messo tutto il mio impegno e sopratutto la passione senza risparmio".
C’è un segreto in tutto questo?
"Il segreto è semplice e complesso: si deve credere veramente nel sogno, anche se grande; non ridimensionarlo o accontentarsi. Naturalmente c`è bisogno di un`analisi profonda del progetto ma l`ingrediente più importante è la passione, e quella cosa strana che si sente in mezzo al petto quando ci si pensa, quella cosa che gli inglesi chiamano “feeling”. Avendo quella cosa, riesci a trasmettere passione anche agli altri, quelli che ti devono seguire, e soprattutto quelli che ti devono finanziare. E ti assicuro che la gente sa vedere se la passione c`è veramente"
Così arriviamo a Shosholoza. Ma quando comincia veramente l’avventura?
"Nel momento preciso in cui ho cominciato ad avere un equipaggio di ragazzi neri, nel 2001. Ho pensato che si poteva mostrare al mondo che nel nuovo Sud Africa,neri e bianchi potevano fare qualcosa di buono lavorando insieme, e quale migliore palcoscenico se non quello della Coppa America? Così ne ho parlato ai miei figli e mia moglie".
Il primo vero “step” verso la Coppa?
"Sicuramente il nome. Avrei voluto usare “Madiba” che è come i neri chiamano Mandela, ma poi pensai che qualcuno avrebbe insinuato che volessi usare Mandela, ed io amo e rispetto troppo l’uomo per lasciar insinuare qualcosa del genere. Scelsi perciò Shosholoza, che e`un inno al lavoro di gruppo, proprio quello che ci voleva".
Professionalità ai massimi livelli, nessun orario lavorativo stabilito quando si lavora, e mille imprevisti sempre dietro l’angolo. Come si sta al tavolo dei giganti della vela?
"E`molto più facile di quello che si pensa, ed in ogni caso molto più facile del mio normale lavoro, che è sempre pieno d`incognite e difficoltà di ogni genere"
E ora, che tutto sembra cambiato con i nuovi catamarani, cosa succederà della “vecchia” “cara” America’s Cup?
"(L’espressione del volto di Sarno si fa cupa) Non è una bella cosa… Larry Ellison ha lasciato fare tutto a Coutts, e penso che il risultato sia assolutamente catastrofico. A parte la spettacolarità dei mezzi, si è voluto andare troppo avanti con l`evoluzione. Le barche da 90 piedi proposte da Alinghi avrebbero dato lo stesso spettacolo, e sarebbero costate di meno".
Mascalzone Latino come Challenger of Records.
"Onorato ha accettato troppe idee di Russel Coutts. Offende l`intelligenza di tutti gli sportivi italiani quando dichiara, d’accordo con Coutts, che si sono ridotti i costi, e poi dice che ci vuole un budget di 80 milioni Aumentando l`entry fee ad un milione ed il performance bond a due, si e`voluto restringere la cerchia dei possibili partecipanti. Team Origin ed i tedeschi hanno fatto sapere che una sfida costa molto di più dei 25 milioni che molti avevano budgettato (incluso noi di Shosholoza). Anche se c`e`da apprezzare la sportività , mi sembra ridicolo per un team andare in Nuova Zelanda a fare più o meno un corso di vela, per poi pensare di battere i maestri. Tutti dovrebbero sapere che nella passata edizione i francesi, i tedeschi, i cinesi e gli svedesi avevano un budget vero di 25 milioni, +39 stava sui 20, i neozelandesi su 35 e noi sui 17. Ora ci vogliono 3 milioni per incominciare e poi andare a fare pratica di catamarano ad ala fissa in Nuova Zelanda. Insomma, come dichiarato dagli stessi organizzatori, ci vogliono tra i 40 ed i 70 milioni per i 3 anni:pazzesco di questi tempi!"
Come sarà la prossima Coppa America? Mettendo da parte l'ultima strana sfida, può essere più bella della 32° alla quale ha preso parte Shosholoza?
"La 32ma Coppa America resterà nella storia come la più bella competizione velica mai disputata. Non dimenticherò mai Trapani. Non si ripeterà mai più una simile affluenza di pubblico ed un simile entusiasmo. Gli Act davano quel qualcosa in più alla competizione finale. Sicuramente la prossima Coppa sarà spettacolare e le barche (non so dire quante, 4 o forse 5?) daranno spettacolo ma non ci sarà match race. Una specie di formula uno, forse questo si, ma il pubblico è pronto al drastico cambiamento? Probabilmente ci vorrà un po`di tempo, ed in ogni caso mi auguro che alla fine la vela ad ala fissa o no, continui ad entusiasmare"
Comunque sarà, una nuova sfida africana sarà mai possibile?
"Certamente si, ma non per quest`edizione. Il mondo è ancora in crisi e per come la vedo io, i telefonini possono sponsorizzare solo una o due barche alla volta…"
© Riproduzione riservata