Ersilio Mattioni
MILANO
LA GUERRA dei numeri comincia sul palco, davanti al Castello Sforzesco, mentre gli ultimi partecipanti al Gay Pride, alle otto di ieri sera, devono ancora raggiungere il carro degli oratori. «Siamo in 100mila», urlano al microfono i rappresentanti delle associazioni gay, lesbiche, bisessuali e transgender, forse esagerando rispetto ai quei 60mila annunciati soltanto mezzora prima in piazza Scala. Va da sé che la questura, in serata, ridimensioni la cifra a 20mila. In ogni caso, il raduno omosessuale milanese è un successo, una festa colorata e in maschera, senza eccessi e senza ostentazioni. Tanto che gli organizzatori perdonano al sindaco, Giuliano Pisapia, di non essere presente. E lo salutano così: «Grazie per il patrocinio, concesso per la prima volta. Caro Pisapia, oggi non sei qui. Fa niente. Lanno prossimo sarai al nostro fianco». Cè invece, sottolineando di rappresentare lintera giunta, lassessore al Welfare, Pierfrancesco Majorino (Pd). Legge un breve messaggio del sindaco: «Nella nostra Milano non ci saranno ghetti, esclusi e invisibili. Verrà combattuta la cultura dellomofobia». Majorino va oltre, accogliendo la richiesta più importante per gli omosessuali: «Listituzione di un registro delle coppie di fatto, a Milano, è scontata». In prima fila, a reggere lo striscione dellArcigay, ci sono Alessandro Cecchi Paone, Ivan Scalfarotto e il presidente nazionale dellassociazione, Paolo Patanè. «LItalia è linvito di questulitmo guardi a New York e smetta di guardare a Teheran».
IL CORTEO si muove a ritmo di musica, italiana e straniera, dagli Anni Ottanta alle hit del momento. Momenti di preoccupazione in piazza San Babila, dove la Digos blocca un gruppetto di militanti di Forza Nuova. Immancabili gli sfottò anticlericali, con un pesante striscione, che subito scompare, dedicato a Benedetto XVI. Esponenti di Pd, Sinistra, Socialisti e Radicali sono in piazza. Pdl e Lega e no. «Peccato, unoccasione persa», commenta il nutrito gruppo dellAssociazione degli omosessuali di centrodestra.
MILANO
LA GUERRA dei numeri comincia sul palco, davanti al Castello Sforzesco, mentre gli ultimi partecipanti al Gay Pride, alle otto di ieri sera, devono ancora raggiungere il carro degli oratori. «Siamo in 100mila», urlano al microfono i rappresentanti delle associazioni gay, lesbiche, bisessuali e transgender, forse esagerando rispetto ai quei 60mila annunciati soltanto mezzora prima in piazza Scala. Va da sé che la questura, in serata, ridimensioni la cifra a 20mila. In ogni caso, il raduno omosessuale milanese è un successo, una festa colorata e in maschera, senza eccessi e senza ostentazioni. Tanto che gli organizzatori perdonano al sindaco, Giuliano Pisapia, di non essere presente. E lo salutano così: «Grazie per il patrocinio, concesso per la prima volta. Caro Pisapia, oggi non sei qui. Fa niente. Lanno prossimo sarai al nostro fianco». Cè invece, sottolineando di rappresentare lintera giunta, lassessore al Welfare, Pierfrancesco Majorino (Pd). Legge un breve messaggio del sindaco: «Nella nostra Milano non ci saranno ghetti, esclusi e invisibili. Verrà combattuta la cultura dellomofobia». Majorino va oltre, accogliendo la richiesta più importante per gli omosessuali: «Listituzione di un registro delle coppie di fatto, a Milano, è scontata». In prima fila, a reggere lo striscione dellArcigay, ci sono Alessandro Cecchi Paone, Ivan Scalfarotto e il presidente nazionale dellassociazione, Paolo Patanè. «LItalia è linvito di questulitmo guardi a New York e smetta di guardare a Teheran».
IL CORTEO si muove a ritmo di musica, italiana e straniera, dagli Anni Ottanta alle hit del momento. Momenti di preoccupazione in piazza San Babila, dove la Digos blocca un gruppetto di militanti di Forza Nuova. Immancabili gli sfottò anticlericali, con un pesante striscione, che subito scompare, dedicato a Benedetto XVI. Esponenti di Pd, Sinistra, Socialisti e Radicali sono in piazza. Pdl e Lega e no. «Peccato, unoccasione persa», commenta il nutrito gruppo dellAssociazione degli omosessuali di centrodestra.
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