Mosca, 11 maggio 2014 - Si conosceranno solo domani pomeriggio i risultati ufficiali del controverso referendum sullo status delle 'oblast' (regioni) di Donetsk e Lugansk, da settimane teatro di scontri tra le cosiddette milizie separatiste filorusse e le truppe fedeli a Kiev. Per il referendum - bollato dagli Usa come "illegale" e dal presidente francese Hollande come assolutamente "nullo" - le urne si sono chiuse alle 22 locali (le 21 in Italia) con l'eccezione di Slavyansk dove, per motivi di sicurezza, i seggi si erano chiusi alle 18. Per il timore di nuovi attacchi da parte delle truppe di Kiev, invece, sono iniziate sabato le operazioni di voto a Mariupol, venerdì teatro di scontri in cui sono morte 21 persone, in gran parte filorussi.
PRIMI NUMERI - L’89,07% ha votato a favore dell’indipendenza dell’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk, mentre il 10,19% si e’ dichiarato contrario nel referendum tenuto oggi nella regione ucraina orientale di Donetsk: lo ha annunciato Roman Lyagin presidente della commissione elettorale centrale locale.
UN MORTO A KIEV - Un uomo è stato ucciso ed un altro è rimasto ferito dagli uomini della Guardia Nazionale ucraina che hanno aperto il fuoco per disperdere una folla all’esterno del comune di Krasnoarmeisk, una delle città delle regione orientale di Donetsk dove si stavano concludendo le operazioni di voto per il referendum per la secessione da Kiev. Lo riferisce l’agenzia Interfax-Ukraina. Secondo un testimone soldati del battaglione “Dnepr” della Guardia Nazionale di Kiev hanno sparato sulla folla che impediva loro l’accesso all’edificio dove era installato uno dei seggi. Almeno altrui 2 feriti risultano nel villaggio di Baranikova nella provincia di Lugansk, dove, racconta l’Interfax, gli abitanti hanno provato a bloccare l’avanzata di blindati della Guardia Nazionale di Kiev.
MORTO O VIVO? - Non si sa poi che fine abbia fatto il comandante della polizia di Mariupol, Valeri Androshchuk. Androshuk, filo-Maidan, è stato dato per impiccato su un albero vicino all’aerodromo locale. Per il sito Novorussia, Androshuk è stato "condannato a morte" da un "tribunale popolare, organo giuridico straordinario" la cui sentenza è stata eseguita "dai combattenti del battaglione 2 maggio dell'Esercito popolare di Lugansk". Secondo i separatisti filorussi Androshchuk aveva aperto il fuoco contro i residenti durante la festa della vittoria del 9 maggio, giorno degli scontri con le forze di Kiev costati 21 morti. Ma il corpo non è stato trovato e c'è ancora chi spera che l'efferata condanna non sia stata eseguita.
IL QUESITO - "Siete favorevoli alla proclamazione di indipendenza, delle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk?" è la domanda a cui sono chiamati a rispondere oltre tre milioni di elettori della regione del Donbass, roccaforte del deposto capo di Stato, Viktor Ianukovich. Secondo quanto riferito dal presidente della commissione elettorale locale, Roman Liaghin, nella ‘Repubblica popolare di Donetsk’ sono stati allestiti 1.500 seggi elettorali. Altri 1.600 a Lugansk. Non è chiaro se il referendum sia riuscito a coprire tutto il territorio delle due regioni: le 'milizie popolari' che hanno organizzato il voto - e ritenute da Kiev "terroristi" - controllano solo alcune zone, mentre rimane incerta la posizione delle autorità nelle altre città e nei villaggi. Secondo gli organizzatori del referendum l'affluenza è stata superiore al 70%, ma non ci sono osservatori indipendenti che possano confermarlo o smentirlo. Le forze ucraine hanno tentato qualche azione di disturbo per impedire l'accesso ai seggi solo nelle zone più periferiche, in particolare nell'area di Lugansk.
PROCESSO A FASI - "L'approvazione del quesito sull'indipendenza della regione di Donetsk non porterà subito a tentativi di distacco dall'Ucraina", ha dichiarato oggi, apparentemente conciliante, il capo della commissione elettorale locale, Roman Lyagin, descrivendo il voto organizzato dai separatisti filorussi come un tentativo di mostrare al governo centrale di Kiev che l'Est ha delle legittime preoccupazioni. "Vogliamo solo affermare il nostro diritto di autodeterminazione", ha dichiarato. "Dopo l'annuncio dei risultati, assolutamente nulla cambierà. Non smetteremo di essere parte dell'Ucraina, non diventeremo parte della Russia. Stiamo solo dicendo al mondo che vogliamo dei cambiamenti e che vogliamo essere ascoltati", ha proseguito. Lo status della regione sarà discusso in seguito, includendo la possibilità di una secessione dall'Ucraina", per la quale oggi - diversamente dalla crimea - non sembrano esserci le condizioni.
IL CREMLINO - Inizialmente, il referendum doveva riguardare il rango della lingua russa e la proposta di riforma in senso federale dell Ucraina, promossa con forza da Mosca. Come successo in Crimea a marzo, gli organizzatori del voto hanno poi optato per il quesito secco sull’autodeterminazione. Il Cremlino non si è ancora espresso sul riconoscimento del voto, contro il quale si sono, invece, schierati Usa ed Europa. L’appello, lanciato mercoledì dal presidente russo, Vladimir Putin, ai "sostenitori delle federalizzazione" affinché posticipassero la consultazione popolare è stato accolto solo dalla regione di Kharkiv. Donetsk e Lugansk hanno rifiutato il rinvio, dichiarandosi intenzionate a rispettare la "decisione del popolo del Donbass".
SI E' IOTATO ANCHE A MOSCA - Nonostante l’appello del presidente russo Vladimir Putin a rinviare il controverso referendum sull’autodeterminazione delle regioni orientali ucraine, gli abitanti delle autoproclamate 'repubbliche popolari' di Dontesk e Lugansk oggi hanni potuto votare anche a Mosca. In via Kievskaya, nei pressi della metro Studencheskaya, è stato allestito allestito un seggio elettorale, aperto fino alle 20 ora locale (le 18 in Italia), riferisce il sito di informazione Censor.net. Presso il Fondo di cultura e letteratura slava, vicino alla galleria Tetriakovskaya, è stata convocata invece una conferenza stampa con “rappresentanti” delle due regioni, come si legge sul sito dell’organizzazione dove nelle ultime settimane si sono svolti diversi eventi in sostegno alla popolazione del sud-est ucraino.
SLAVYANSK, ATTACCO ALLA SEDE TV - Intanto ieri notte gli insorti filorussi hanno attaccato nella notte una torre di trasmissione televisiva a Slavyansk, roccaforte dei pro-Mosca nell’Ucraina sud-orientale. Lo fanno sapere i media ucraini precisando che la torre è comunque ancora in mano alle truppe fedeli a Kiev. Due militari ucraini sono rimasti feriti.
TENSIONE IN TRANSNITRIA - Ma è tutto l'universo russofono ad essere in agitazione. Le autorità moldave fanno sapere di aver bloccato il vice premier russo Dmitry Rogozin, che stava per lasciare il Paese con una petizione per chiedere a Mosca di riconoscere la regione separatista di Transnistria. A farlo sapere è stato il ministro degli Esteri moldavo, secondo cui le autorità ieri hanno confiscato scatole di firme all’aeroporto di Chisinau e ne analizzeranno il contentuto. Rogozin, però, ha scritto su Facebook che “solo una piccola parte” delle firme è stata confiscata e di aver consegnato la maggior parte a destinazione. Ha inoltre definito una “provocazione” l’azione della Moldavia e affermato che avrà “gravi conseguenze” sui rapporti bilaterali. Rogozin ha fatto visita alla provincia separatista di Transnistria, dove stazionano 1.500 soldati russi, per celebrare il Giorno della vittoria venerdì. Ha offerto sostegno ai separatisti e criticato il governo centrale per aver cercato maggior vicinanza con l’Unione europea. La regione si è staccata dalla Moldavia nel 1990 e non è riconosciuta internazionalmente, ma è sostenuta dalla Russia. Uno scenario che in Ucraina potrebbe presto replicarsi applicando una versione riveduta e corretta del 'modello' Crimea.
POSIZIONE UE - Richiamata in modo felpato anche dal presidente della Bce, Mario Draghi, a non eccedere in autolesionismo, l'Unione Europea si trova di nuovo a dover conciliare il sostegno al governo ucraino, su cui nessuno dei Ventotto si tira indietro, e l'adozione di ulteriori sanzioni più dure (e costose per l'Ue ma non per gli Usa) contro la Russia. I teatri saranno due: Kiev e Bruxelles. Domani il presidente del Consiglio Herman Van Rompuy sarà nella capitale ucraina, "per continuare i colloqui su come stabilizzare la situazione in Ucraina prima delle presidenziali del 25 maggio, su come porre fine alle violenze e come creare le condizioni per un dialogo nazionale inclusivo". Nel mentre a Bruxelles i ministri degli Esteri Ue si incontreranno per cercare di ridurre le divergenze sulle risposte da dare alla Russia. Finora Bruxelles ha vietato la concessione di visti e disposto il congelamento di beni a 48 personalita' russe e ucraine, coinvolte nell'annessione della Crimea. Sabato Angela Merkel e Francois Hollande (dimentico dell'affare da 1,34 miliardi di euro per la vendita di due modernissime navi da guerra francesi alla Russia) hanno intimato che ci saranno "conseguenze" se non si terranno le presidenziali ucraine e ci saranno ulteriori attacchi contro la stabilità dell'Ucraina.
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