DALL'INVIATO BEPPE BONI
Base Ice, Gulistan (Afghanistan) - La colonna dei Lince rientra alle sei del mattino lasciandosi alle spalle il mare di pietre, polvere e dirupi su cui si allunga il sole già caldo. I ragazzi hanno l'espressione provata, per loro la notte di luna in questo rovente angolo del nulla che è la valle del Gulistan è stata molto movimentata. Ma non senti nessuno dire "sono stanco".
Due ore di scontro a fuoco con i gli insorti senza volto hanno messo a dura prova i Diavoli neri, quindicesima compagnia paracadutisti del 186esimo Reggimento Folgore di Siena, che però se la sono cavata bene. Nessun ferito, almeno dalla loro parte. Ora sono al sicuro dentro Fob Ice (Forward operation base), un villaggio di tende di 300 metri per 200, dove vivono asserragliati 160 uomini, quasi tutti della Folgore.
Via i giubbotti antiproiettile, gli elmetti con i visori notturni, via le armi poi a riposare mentre i sottufficiali fanno rapporto sulla notte di fuoco al comandante, il ten. colonnello Sergio Cardea. Dentro i Lince a terra ci sono ancora i bossoli sparati con le Mg42 montate sulle torrette.
I contatti ravvicinati in quest'area a sud est della regione Herat, considerata uno snodo della strategia antiguerriglia, sono da mettere in conto, anche anche se gli attacchi degli insurgents sono meno frequenti dentro la bolla di sicurezza (20 chilometri) tenuta dai paracadutisti in collaborazione con le forze afgane con cui viene effettuata ogni attività esterna.
Gli insorti ora tendono a fare imboscate con gli Ied, gli ordigni improvvisati. L'ultima esplosione in maggio ha colpito cinque civili, tutti soccorsi dai parà della Folgore. "Li abbiano portati alla base e una bambina ci è morta fra le braccia", dice commosso il comandante Cardea.
"Lo scontro a fuoco - racconta il maresciallo Daniele L., comandante del plotone rinforzato, in tutto 60 uomini, uscito nella notte - è durato due ore scarse fra reazione e ripiegamento. Abbiamo risposto secondo le regole d' ingaggio e tutto è andato bene, nessuno di noi è rimasto ferito". E i talebani? Come succede in questi casi i vertici militari preferiscono non fornire indicazioni. Ma è probabile che gli insugents abbiano riportato diverse perdite.
Le forze armate afghane, accompagnate da elementi della nostra intelligence sono quasi certamente andate sul posto per la raccolta dei dati biometrici delle eventuali vittime. "Il contatto con gli insurgents é avvenuto appena all'esterno della bolla di sicurezza che stiamo tentando di allargare", racconta ancora il maresciallo. "Eravamo partiti di giorno percorrendo una pista vicino al letto del fiume. E' una zona impervia e poco popolata. Arrivata la sera, come previsto, ci siamo distribuiti con gli automezzi in cerchio, per trascorrere la notte e raggiungere il mattino dopo l'abitato di Lartay Bala, dove avremmo dovuto prendere contatto con il capo del villaggio per allacciare rapporti. Avevamo con noi anche il medico per offrire assistenza. Ci siamo fermati a 600 metri dalle case".
Luna quasi piena, cielo stellato e silenzio totale nell'immensità della notte del Gulistan. Poi verso le 22,30 la quiete si è spezzata. "Una pattuglia distaccata e addetta all'osservazione con i visori notturni ha notato una trentina di persone in movimento nei pressi dell'abitato - spiega il caporalmaggiore Luigi L. - e abbiamo capito che potevano sorgere problemi. Poi sono comparsi altri nuclei, fuori e dentro le case".
I paracadutisti hanno caricato i fucili mitragliatori Spc 70 e le armi sulle torrette dei Lince. Tutti pronti. "Intanto passava il tempo e sia noi che la pattuglia di osservatori tenevamo sotto controllo quelle ombre che andavano e venivano". Poi, poco prima di mezzanotte, l'attacco. "Prima qualche colpo isolato poi hanno cominciato a sparare con intensità- spiega il maresciallo alla guida del plotone. - e noi abbiamo risposto al fuoco in modo massiccio. Nessuno ha perso la calma. Loro hanno utilizzato anche i razzi, probabilmente degli Rpg ed esplodendo proiettili di mortaio. Nessun colpo è andato a segno. E abbiamo capito che con la nostra risposta potevano tenerli a bada".
Intanto il maresciallo Luca C. addetto al Jtac, il dispositivo che raccoglie e trasmette sul campo le informazioni anche visive, ha attivato l'allarme aereo. "Sono arrivati sul posto due caccia francesi pronti ad intervenire, ma non è stato necessario. Inoltre il rischio di vittime fra i civili era alto. Gli insorti usano spesso paese come scudo".
La battaglia intanto è proseguita mentre i Lince cominciavano la manovra di sganciamento. "I ragazzi hanno rinforzato il fuoco e allora abbiamo capito che potevamo scivolare via senza problemi muovendoci accanto al fiume mentre gli aerei continuavano a sorvolare il cielo stellato".
Poi poco alla volta i dieci Lince hanno cominciato a dirigersi verso Fob Ice per rientrare e il silenzio è calato di nuovo sul deserto. Il giorno dopo è arrivato alla base il governatore della zona, Mahbor Ashin Khan, per concordare progetti con i soldati italiani. "Ho telefonato subito - dicendo che attaccavano il villaggio vicino , ma il comandante mi ha spiegato che stavano combattendo i vostri soldati. Accettare la collaborazione delle forze Isaf ci costa molto, io e la mia gente siamo stati minacciati di morte dai talebani. Ma noi vogliamo che l'Afghanistan risorga e l'Italia ci sta aiutando".
Intanto è già pomeriggio e un'altra colonna di Lince parte in perlustrazione. Dopo qualche ora di risposo i Diavoli neri dello scontro a fuoco notturno sono già al lavoro nella base. Dentro c'è la quotidianità da sbrigare, come in una grande famiglia. Fuori, lo scenario mozzafiato del deserto e delle montagne del Gulistan, la valle delle rose, risplende sotto un sole che sembra spaccare la terra.
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