Firenze, 31 maggio 2014 – Maggio all’insegna di Giacomo Leopardi con l’affermazione assoluta del post Il maggio odoroso. ‘A Silvia’ di Leopardi. Segue un drappello di premiati minori distanziati tra loro di pochissimo, ma che secondo la spietatezza di un cronometro che spacca anche il secondo in due prevede al secondo gradino del podio Erri De Luca (Erri De Luca e l’attesa del due), al terzo Pasolini (Pasolini e la profezia in forma di croce ).
Ma proprio a ruota, pari merito, ecco, a rappresentare la poesia internazionale attraverso due campioni della letteratura mondiale del Novecento, Bukowski e Neruda, rispettivamente – tra riso e sorriso – con Bukowski e il cuore che ride e L’amore secondo Neruda. ‘Il tuo sorriso’ .
Buona lettura o rilettura a tutti, come di consueto accompagnata dai vostri commenti!
Marco Marchi
Era il maggio odoroso. ‘A Silvia’ di Leopardi
VEDI I VIDEO ‘A Silvia’ letta da Vittorio Gassman , “Sulle orme di Giacomo Leopardi” (1941) , “Giacomo Leopardi” (1954)
Firenze, 2 maggio 2014
A Silvia
Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all’opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D’in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch’io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perché non rendi poi
Quel che prometti allor? perché di tanto
Inganni i figli tuoi?
Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Né teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d’amore.
Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell’età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l’amor, l’opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell’umane genti?
All’apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.
Giacomo Leopardi
(da Canti, 1831)
I VOSTRI COMMENTI
Una felicità illusoria, un ricordo in fondo mai colto e assaporato. Il presente arido della morte. Eppure su tutto trionfa l’immagine ridente di Silvia, e ciò che ancora pervade come le antiche stanze i nostri pensieri è il canto davvero “perpetuo” di questa indimenticabile giovane donna. Duccio Mugnai
E’ vero. E’ forse la poesia più famosa di Leopardi. Il genio eroico ed amante del poeta si scontra con il dolore della vita. Il risultato è sublime, in equilibrio tra una presa di coscienza sulla fragilità e la dissoluzione dell’essere umano e un lamento struggente, anelante ciò che della vita è solo illusione.
Elisabetta Biondi della Sdriscia
“A Silvia” pur essendo uno dei testi poetici leopardiani che più abbiamo avuto occasione di leggere, a partire dai banchi di scuola delle medie inferiori, mantiene intatto, ad ogni rilettura, tutto il suo fascino e la sua freschezza. E benché le parole sconsolate e amare del poeta ci rimandino a una visione pessimistica della vita, l’immagine leggiadra di Silvia, appena evocata, attraverso gli occhi “ridenti e fuggitivi” e il suono della voce, continua a echeggiare a lungo in noi, resa eterna, immortale, dal genio poetico di colui che si vide sì negare dal destino “la giovanezza”, ma ne ebbe in cambio un’immortale gloria poetica! Ermione
Isola Difederigo
Il maggio della poesia nelle stanze di un poeta, nel suo immenso, povero cuore. I versi che ho amato e amo di più.
tristan
La poesia di Leopardi, inutile dirlo, è un capolavoro, ma anche il video della lettura di Gassman è davvero un’idea, ha la sua poesia. Complimenti a quel Silvio che lo ha ideato e realizzato.
Cesare
Poesia simbolo per la poetica del Leopardi. In essa c’è tutta l’anima triste e desolata del poeta, nei cui confronti madre Natura fu avara, fisicamente parlando. Su questa sua infelicità fisica, il nostro seppe però costruire le sue opere in versi, sempre pervase da quelle note pessimistiche e malinconiche, che lo contraddistinguono. In “A Silvia” considera un’altra donna infelice, di cui rimpiange la scomparsa e di cui era innamorato. In lei vede il non raggiungimento, la negazione di una vita sorridente, privata delle normali gioie giovanili. Il Leopardi, quasi, si riflette in Silvia, e, piangendola, piange se stesso, unendo i destini di lei ai suoi, disperati ed irreparabili. C’è forse, in ciò, un nascosto compiacimento del dolore, della privazione? Se sì, va visto sotto l’aspetto consolatorio, direi compensativo, della mancata normalità fisica del poeta, che gli va concesso, come va pure riconosciuto a molti che si ritrovano in simili condizioni, ammirando, però, quelli che, nello stesso stato, hanno saputo invece reagire positivamente, pur non essendo arrivati ad essere poeti.
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