{{IMG_SX}}Il leggendario sottosegretario Ricardo Franco Levi (leggendario perchè come lui non c'è nessuno) ne ha fatta un'altra delle sue. Dopo avere presentato un orripilante disegno di legge che, se approvato, imbavaglierebbe internet e azzererebbe il 90% dei blog (il calcolo è approssimativo per difetto), il braccio destro di Prodi non sa più come fare per sottrarsi al sacrosanto e pubblico ludibrio. Così, tomo tomo cacchio cacchio, ha modificato l'articolo 7 del provvedimento già tristemente noto come Levi-Prodi.
Il testo originario impone la registrazione dei blog e dei siti, con l'obbligo di avere un direttore responsabile iscritto all'Ordine dei Giornalisti. Levi ha firmato un comma che ingenera nuova confusione: "Sono esclusi dall'obbligo di iscrizione i soggetti che accedono a internet o operano su internet in forme e con prodotti come i siti personali o ad uso collettivo che non costituiscono un'organizzazione imprenditoriale del lavoro".
A parte l'uso offensivo dell'italiano, che cosa significa "organizzazione imprenditoriale del lavoro"? Cos'è, è vietato aprire un sito o un blog e autofinanziarlo con la pubblicità? Ma in che razza di mondo vive Levi? Ma come gli vengono in mente certe cose? Ma come fa ad ignorare la realtà della Rete? Ma la pianta o no con questi discorsi che mirano solo ad eliminare, a controllare, a zittire le fonti di informazioni che sono libere e per questo così pericolose per il Palazzo? Forse, nonostante i suoi "soli" 58 anni, Levi vuol dare ragione al Times, secondo il quale è in corso l'assalto geriatrico ai bloggers italiani in una nazione di legislatori ottuagenari eletti da settantenni, cioè i pensionati. L'unica cosa che può fare il sottosegretario con delega all'editoria, è ritirare il progetto liberticida che rivaluta la censura cinese. Prima lo fa e meglio è.
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