Londra: quelli tra East End e realtà

Multiculturalità, botteghe vintage, mercatini del profondo East di Londra di Fabrizio Raimondi

Spitafield Market

Spitafield Market

Milano, 17 settembre 2015 - Ho un’amica che si chiama Anna e che vive e Twickenham, quartiere nobile a mezz’ora da Londra. Suo padre recitava in Eastenders, la soap opera che ogni tanto capita di trovare su Sky. Gente brutta e cattiva che litiga e si uccide. E ho lavorato con un fotografo che si chiama Steve che mi ha regalato il vocabolario cockney che è il dialetto che parlano quelli che sono nati sotto le campane (le Bow Bells) di St Mary-le-Bow.  Per intenderci, Steve mi chiama “my old China” perché sono vecchio come una porcellana cinese, e dice:  “would you Adame and Eve” per chiedermi se ci credo davvero. Non ho mai capito in cosa, ma è fantastico.  Da quando ho scoperto Eastenders e Steve è cresciuto in me il desiderio di conoscere questa parte di Londra che è una metropoli che adoro proprio perché non riesco mai ad abbracciarla tutta. Il profondo East  di Londra è un oggetto non ben identificato, tra la Borsa e le Docklands, che vive di grandi orgogli e miti. 

St Mary a LondraSobborgo di tradizione operaia, colorato da immigranti giunti in epoche diverse che hanno creato un mix di culture, e schiamazzi, musiche e odori che non può lasciare indifferente. Il mio consiglio è prendere a  noleggio la bici (bastano due sterline, si trovano davanti alle stazioni della metro) e perdersi senza meta, curiosando tra gli angoli trascurati e degradati, le bancarelle di t-shirt tardoadolescenziali, i ristorantini  asiatici puzzolenti che lasciano il posto a segnali di benessere che crescono fino ad arrivare alla boutique di  Fred Perry. Andare su due ruote contromano e sul marciapiede è il modo migliore per integrarsi in questa  comunità che vi accoglierà a braccia aperte. Che il degrado ripulito sia di moda si sa - New York insegna -  ma il motivo per cui una parte della strada rimanga proletaria e l’altra si dia arie da Marais non lo capirò  mai. Comunque chiunque ami tombini puzzolenti, strade imbrattate, gente bizzarra che parla da sola dovrebbe fare un giro da queste parti. E non limitarsi a Camden perché qui c’è molto di più. Ci sono anche  un paio di musei da vedere, la trendy Whitechapel Art Gallery e la Moschea più grande di Londra (così  almeno mi hanno detto).

Calamari londinesiIn zona c’è un bel mercato coperto che si chiama Spitafield Market che una volta  era il luogo perfetto per comprare polli, costate e salsicce, mentre ora si è trasformato in un tempio del  vintage pieno di turisti a caccia di capi di abbigliamento che sembrino della nonna, bigiotterie appariscenti, oggetti di modernariato firmati da emergenti designer (o anche no). Quando poi vi passa l’euforia per la  multiculturalità, basta proseguire verso le Docklands. Quelli che erano i fabbricati e le darsene industriali  del porto sono stati ristrutturati e sono davvero bellissimi. Se c’è il sole, è uno dei luoghi più affascinanti di Londra. Col Tamigi a due passi, i grattacieli futuristici in vista, la storia dentro. E qualche indirizzo da non  mancare. Come The Narrow, uno dei giochini di Gordon Ramsey. Intimo, curato, con vista sul fiume, il ristorante giusto per trattarsi bene senza spendere una follia. A pranzo, il set menu di tre portate con calamari, fish and chips e cheesecake alla vaniglia costa 25 sterline. Abbondante, genuino, talmente vero  che il fish and chips mi è tornato su fino all’ora di cena. Che poi col coperto, il caffè e compagnia bella si spenda il doppio è un’altra storia. Ma ne vale davvero la pena. Ora vi lascio e vado a preparare la valigia che la Emirates mi attende. Malpensa-Dubai, Dubai-Dar Es Salaam, Dar Es Salaam-Zanzibar. Una dozzina di ore  e sarò in Tanzania, chissà se è vero che il cielo stellato di Zanzibar non tradisce mai.

di Fabrizio Raimondi