Roma, 7 settembre 2010 - “Seaswarm” (sciame marino) è il nome assegnato a un progetto studiato da un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit) per trovare un’alternativa più efficace ai sistemi tradizionali per l’aspiramento del petrolio affiorato in superficie in seguito a incidenti a navi cisterna o piattaforme estrattive.

Si tratta di robot da usare insieme in gruppi dimensionati a seconda dell’entità dell’inquinamento. Ciascun robot ha come “testa” una scatola larga due metri, che provvede a bruciare localmente il petrolio assorbito da una “coda” lunga cinque metri.

Posti in catena, i robot formano una specie di nastro a scorrimento che assorbe fino a venti volte il peso complessivo dell’intera struttura. “A differenza delle tradizionali piattaforme, Seaswarm è basato su un sistema di piccole unità autonome che si comportano come uno sciame, digerendo il petrolio a livello locale senza alcun intervento da parte dell’uomo”, ha spiegato il direttore del Senseable City Lab del Mit, Carlo Ratti. Per fare un paragone, le ottocento piattaforme di raccolta utilizzate per ripulire il Golfo del Messico hanno finora assorbito soltanto il 3 per cento del petrolio fuoruscito. Con cinquemila robot Seaswarm (ciascuno del costo di ventimila dollari), basterebbe un mese a fare pulizia totale.