Giovedì 25 Aprile 2024

WhatsApp condivide i dati degli utenti con l’FBI ogni 15 minuti

Un documento interno dell’agenzia investigativa federale americana svela quali sono le app più “collaborative”. Tra quelle più note c’è anche WhatsApp

Icona dell'app di WhatsApp su uno smartphone

Icona dell'app di WhatsApp su uno smartphone

Anche se la privacy dei propri utenti è sempre al primo posto, almeno nei documenti e nelle intenzioni annunciate da Meta praticamente ogni giorno, nella realtà dei fatti, forse, non è del tutto vero. L’organizzazione americana no profit Property of the People, impegnata a vigilare sulla trasparenza del governo degli States verso i propri cittadini, ha messo le mani su un documento interno dell’FBI – l’intelligence interna degli USA – che svela quali app condividono maggiormente i dati dei loro utilizzatori con i federali. Ai primi posti di questa classifica molto speciale si piazza proprio WhatsApp. Il documento “Accesso legale” svela tutti i dati Si chiama “Accesso legale” il documento che la no profit americana ha visionato e poi passato alla rivista Rolling Stones per la pubblicazione. Nella documentazione, che in realtà sarebbe dovuta restare “riservata alle forze dell’ordine” si evince che dallo scorso novembre 2020 l’FBI ha la possibilità di accedere, in maniera legale, alle app di messaggistica più utilizzate. Tra queste ci sono WhatsApp e iMessage, la chat di Apple. WhatsApp condivide i dati con l’FBI ogni 15 minuti Nel documento oggetto dell’inchiesta si può notare l’irritazione dell’FBI per i ritardi di consegna dei dati da parte delle app che – secondo quanto riferito dall’agenzia americana – non condividono le informazioni in tempo reale, rendendo più complicate le indagini. Una mancanza di tempestività che non si verifica, però, con un’applicazione in particolare: WhatsApp. La piattaforma di chat di Meta, infatti, pare essere molto collaborativa: quasi tutte le condivisioni avvengono in soli 15 minuti, un’eccezione molto gradita all’FBI. Non solo, nel documento è indicato anche che WhatsApp, unica tra le app di messaggistica oggetto dell’indagine, rende noto anche mittente e destinatario del messaggio. Le cose potrebbero cambiare con l’introduzione sulla chat di Meta della crittografia end-to-end anche per i backup sul Cloud, iniziata a ottobre 2021. Una codifica che renderebbe, almeno in teoria, molto più complicata la condivisione dei dati, anche all’FBI.