Mercoledì 24 Aprile 2024

Zhang, dalla Cina con furore di vendere l’Inter

Il n.1 di Suning conferma l’addio: "Dobbiamo concentrarci sul retail, chiuderemo i business irrilevanti...". Ma con Bc Partners è stallo

Migration

di Mattia Todisco

La tempistica non è delle migliori. A due giorni dal derby, dalla Cina arriva un discorso in video da parte di Zhang Jindong, patron di Suning, nel quale si sottolinea la volontà di seguire una strada ben precisa per risalire la china. "Dobbiamo concentrarci sulla vendita al dettaglio, chiudendo i business irrilevanti senza esitazioni", le parole del numero uno. Quello che filtra dal club, il cui obiettivo è ovviamente non gettare benzina sul fuoco a poche ore da un derby per le sorti del campionato, è che il discorso non fosse rivolto all’Inter ma al mercato asiatico. Dall’altra parte le parole di Zhang Jindong sanno di indizio in più, tra i tanti, a sostegno di un percorso di disimpegno dal pallone. Di ieri la notizia di un nuovo scontro tra la controllata PPTV e IMG per i diritti in Cina della Serie A, i cui anticipi non sono andati in onda.

Quanto all’Inter, il presidente Zhang Steven non si vede a Milano da mesi e non ci sarà nemmeno al derby. Sta seguendo le sorti della squadra, pubblica messaggi social di festeggiamento quando i risultati arrivano e si tiene in contatto con la dirigenza tra telefono e conference call, ma da un anno ormai non è più un riferimento in città. L’obiettivo, più che rilanciarsi, sembra quello di non perdere cifre troppo corpose nel lasciare la società in mani altrui. Non è detto che questo sia possibile a breve. L’unica offerta vera arrivata sul tavolo, dopo la ricerca sul mercato ordinata a Goldman Sachs, è quella di Bc Partners e non è in linea con le valutazioni di Suning, né in queste settimane si è riusciti a limare sensibilmente il distacco tra i 750 milioni di euro proposti dal fondo e il miliardo richiesto. Non è facile trovare altri acquirenti a stretto giro di posta, perché va valutato il tempo della due diligence, dell’offerta e di un’eventuale controproposta, mentre la scadenza del 31 marzo (entro cui l’Uefa pretende che vengano sanate le pendenze tra stipendi e pagamenti agli altri club in modo da potersi iscrivere alle coppe) si avvicina minacciosa. Questo a meno che nel frattempo non si trovi con l’organo europeo un accordo come quello siglato in sede nazionale.

Davanti alla prospettiva di una disfatta economica, in un anno nel quale la squadra si gioca lo scudetto, la proprietà sta cercando qualcuno che possa garantire un prestito a tassi non troppo alti. Duecento milioni con i quali arrivare alla seconda parte dell’anno solare e poi capire se ci sono le chance di avere un’apertura del governo cinese rispetto a determinati investimenti o se qualcuno può essere interessato a prendersi l’Inter a un giusto prezzo. L’ipotesi di una cordata italiana in grado di farsi avanti è stata smentita ieri da Bedy Moratti, almeno per quel che riguarda un’eventuale presenza del fratello Massimo, già presidente per 18 anni. "Non è una persona che si mette in una cordata", le parole pronunciate a Sky Sport. Per un eventuale Moratti ter, dopo le fortunate epoche negli anni ‘60 e 2000, bisognerà probabilmente aspettare.