Mercoledì 24 Aprile 2024

Uomini normali, quanta forza

Doriano Rabotti

C’è un tratto umano preciso, ancor prima che una somiglianza sportiva, ad accomunare Carlo Ancelotti, Stefano Pioli e Davide Nicola. I primi due sono anche conterranei, tipici figli della bonomia di un’Emilia gaudente, il terzo è torinese, ma ha lo stesso atteggiamento nello spogliatoio e nelle dichiarazioni pubbliche.

In tempi in cui lo sport di vertice sembra richiedere la spacconeria come un requisito tecnico, in un mondo come quello del calcio che spesso premia gli sbruffoni più degli umili, fa bene al cuore vedere che senza mai perdere il sorriso si può dare l’assalto alla Champions da non favoriti, si può vincere uno scudetto partendo da outsider, si può ottenere una salvezza miracolosa nella quale nessuno, al di fuori di te, credeva: come hanno fatto il Real Madrid, il Milan e la Salernitana.

E’ possibile che in alcuni casi un certo tipo di leadership abbia proprio bisogno di dichiarazioni forti, di crearsi il rumore dei nemici quando non si sente, di spingere un gruppo a giocare contro perché è più facile raccogliere e concentrare le proprie forze verso un bersaglio. Alla Mourinho, per capirci.

Ancelotti, Pioli e Nicola invece sono come quello zio che ascolti volentieri a una cena di parenti perché dice cose intelligenti senza alzare la voce.

Sembrano un ricordo del passato prima dei social, personaggi così. E invece ci sono ancora.

E vincono.