Una svolta solo nel recupero

Giuseppe Tassi

Maria Sole Ferrieri Caputi. Ha un nome che non passa inosservato la prima donna chiamata ad arbitrare una partita di Serie A. Succederà domenica al Mapei Stadium di Reggio Emilia per Sassuolo-Salernitana. Un passo davvero epocale dopo 110 anni di storia del pallone, una pietra miliare in uno sport che ha sempre marginalizzato le donne: dalle tristi domeniche di Rita Pavone senza il fidanzato tifoso agli sfotto’ per le prime donne calciatrici. Trentadue anni, livornese, laureata in sociologia, la prima signora col fischietto a varcare i cancelli della Serie A lavora a Bergamo in un centro studi di Diritto del lavoro. Il calcio arriva con i suoi tempi biblici a spalancare le porte alle donne mentre altri sport (dal tennis al volley, al basket) si sono da lungo tempo affidati a giudici di gara femminili. Nell’epoca consacrata ai primi ministri donna che governano l’Europa (la Meloni è solo l’ultima di un lungo elenco) era logico aspettarsi un passo avanti decisivo nello sport che meglio identifica il sentire popolare, la disciplina che incarna la passione più viscerale degli italiani. E come un politico che fa fruttare il suo piccolo orto, Maria Sole esalta quello spicchio femminile (il 6%, pari a 1700 donne arbitro) che cerca spazio nel mondo dei fischietti di alto rango. Lei, che ha diretto le sue prime partite a 17 anni, ha il piglio di una personalità forte e la determinazione di chi vuole arrivare a grandi traguardi.

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