Sabato 20 Aprile 2024

Adriano Panatta: "Il mio tennis era pop. Che poesia la volée"

E' stato il più grande tennista italiano, amato come sportivo e personaggio tv. "Ora faccio il nonno e mi diverto molto. Tante donne sì, ma non si parla delle ex"

Adriano Panatta

Adriano Panatta

Roma, 2 dicembre 2018 - Il più grande tennista italiano di sempre, ma anche un personaggio della vita mondana, della tv, della radio e ora anche del cinema. Adriano Panatta, classe 1950, segno del cancro, romano, si racconta così.

Adriano, il tennis è musica, ma quale?

"Ai miei tempi, negli anni ‘70, era pop, i Beatles, Jimi Hendrix, rock e melodia. Ora non ci si capisce più niente, è tutto così elettrico, così metal...".

Lei ammira molto Federer...

"Sì, lui è un misto di Tony Bennett, McCartney, i Pink Floyd. Uno spettacolo".

Che cosa l’affascina?

"Federer mi stupisce ancora. Nadal tira forte e ha un grande agonismo, Djokovic recupera tutto, ma il loro gioco è noioso".

Il tennis moderno non le piace proprio?

"Giocano bene, ma sono marcantoni che picchiano forte. Ai miei tempi era diverso, vuoi mettere la poesia di una volée...".

Ai suoi tempi c’era Nastase: che tipo era?

"Stralunato e mattarello, gli piaceva fare casino, ma era divertente e in fondo ho sempre pensato fosse un ragazzo molto buono".

Avete spesso giocato il doppio assieme: che compagno era?

"Ansioso".

Lei nel tennis italiano ha preso l’eredità di Nicola Pietrangeli. Che cosa era per lei: un maestro o un rivale?

"Niente di questo. Nicola è stato un personaggio importante, ma le nostre carriere si sono sovrapposte solo per due anni, quando io ne avevo venti. Siamo amici, anche se abbiamo caratteri diversi. Certo lui è polemico, ma è una brava persona".

E Fognini?

"Confesso di seguirlo poco, ma è un bel giocatore che avrebbe i colpi per stare nei primi dieci al mondo. Le sue defaillance sono caratteriali, a volte il suo atteggiamento è davvero indisponente".

Chi è il nuovo Panatta?

"Non può esistere, noi giocavamo a un certo ritmo, ora va tutto più veloce non c’è nemmeno il tempo per pensare, solo Federer lo fa".

Il tennis è cambiato come il calcio?

"Come tutti gli sport, ora è tutto più frenetico. Nel caso del pallone la colpa della rovina, con tutto il rispetto, è di Guardiola: una rottura di c…….".

Qual è stata la sua più bella partita?

"Penso la semifinale di Parigi del ’76 con Dibbs, ho giocato meglio che in finale, mi entrava tutto. Ma anche a Flushing Meadows con Connors, nonostante abbia perso".

E la più brutta? Quella con Dupré nei quarti di Wimbledon?

"Quella è stata la più stupida. Brutte ne ho giocate tante".

Che cosa ha dato e che cosa ha tolto il tennis ad Adriano Panatta?

"Mi ha dato tutto. Immense soddisfazioni, il successo, la possibilità di girare il mondo facendo ciò che mi piaceva. Forse mi ha tolto un po’ di amici ma soprattutto la vicinanza dei figli quando erano piccoli e io giocavo quasi tutto l’anno".

Lei è stato ed è un idolo delle donne, ogni tanto esce fuori qualche sua ex fidanzata…

"Vero, ma non sono stati grandi amori. Non parlo mai delle donne, non è necessario e non commento certo quello che dicono: ognuno si faccia l’idea che vuole, non mi interessa".

Ma Panatta attore le piacerà… Un set diverso sul quale si trova a suo agio?

"Mi piace molto fare la tv, l’attore è una parola grossa. Mi sono divertito, quello sì, a fare me stesso nella ‘Profezia dell’armadillo’. Ed ero davvero io, non ho recitato, e quello che ho detto, che i giovani pensano solo al risultato senza guardare al gioco e senza capire l’armonia delle cose, lo sottoscrivo al cento per cento".

Lei per amore si è trasferito a Treviso, ma è romano al cento per cento: che cosa pensa della sua città, delle buche per esempio…

"Quelle ci sono sempre state, è inutile nascondersi e il traffico è caotico, vero, ma dove non lo è? Ciò che veramente mi fa rabbrividire di Roma è la sporcizia. Roma è la città più bella del mondo, ma anche la più sporca".

Che fa di bello ora Panatta?

"Il nonno, di cose ne già ho fatte tante, anche l’offshore, ora non posso neppure correre in macchina perché dopo i 65 anni non danno più la licenza. E sto bene così".

Come nonno com’è?

"Contento, è una bellissima esperienza, tanto tutti i problemi ce l’hanno i genitori".