Serra e Udogie, poi svolta Giroud nel derby

La doppietta del francese nel ritorno la chiave del campionato: gli incredibili errori arbitrali contro Spezia e Udinese non hanno inciso

Migration

di Ilaria Checchi

La cavalcata trionfale che ha condotto il Milan al diciannovesimo scudetto della sua storia non ha percorso sempre praterie assolate ma, anzi, ha spesso dovuto affrontare montagne irte: il tripudio finale è stato il corollario di una stagione in cui il Diavolo ha lottato contro la sfortuna, sé stesso e un destino non sempre dolce, e proprio per questo la gioia per il Tricolore appena conquistato è ancora più grande.

Il Milan non è la squadra più forte, ma è quella migliore e lo dimostra partendo a spron battuto in campionato, collezionando 9 punti nelle prime tre giornate. È però l’Europa che conta a chiedere il prezzo più salato ai rossoneri fin dall’inizio: a settembre arriva infatti l’infortunio al polso di Mike Maignan, una tegola imprevista che costringe Tatarusanu agli straordinari, e la dirigenza a tesserare l’ex Roma Mirante. Ciprian fa il suo dovere quasi sempre e in serie A il Diavolo inanella importanti risultati ma è nel derby del 7 novembre che il vice Maignan si esalta parando a Lautaro Martinez il rigore del possibile 2-1 nerazzurro. Il mese di dicembre, però, inizia con un’altra doccia gelata: a Marassi Simon Kjaer subisce la lesione del legamento al ginocchio sinistro, un ko che ha tenuto fuori dal campo il difensore danese per tutta la stagione. Pochi giorni dopo, inoltre, il Milan saluta ufficialmente la Champions venendo sconfitto dal Liverpool a San Siro ma è in quel momento che la forza del gruppo, a partire dal suo mentore, emerge: la squadra si compatta, trova la motivazione giusta seguendo un leader indiscusso come Zlatan Ibrahimovic che, nonostante i frequenti acciacchi, diventa sempre più imprescindibile per l’equilibrio dello spogliatoio, venendo affiancato da giovani personalità, come Leao, Tonali o Tomori.

Il nuovo anno viene segnato dall’ormai celebre errore arbitrale di Serra nella sconfitta casalinga contro lo Spezia, prosegue con il gol di braccio non annullato a Udogie contro l’Udinese e si trascina fino ad aprile con il discusso rigore non concesso ai rossoneri da Doveri contro il Torino, ma nel caos di alcune scelte non impeccabili il Diavolo macina gioco e mette a segno vittorie pesantissime. La rabbia per il ko contro gli spezzini si tramuta nei tre punti grazie alla straordinaria doppietta di Olivier Giroud, con il francese a decidere da solo il big match al Maradona. La primavera però porta nuovi problemi: gli infortuni diminuiscono ma anche le reti realizzate. Kalulu e Bennacer tirano il carro con Empoli e Cagliari e i due pareggi a reti inviolate contro Bologna e Torino fanno scattare l’allarme sterilità offensiva.

Proprio in quel momento, a sostenere un Giroud ormai spremuto da una titolarità obbligata per i lunghi stop di Ibra e Rebic, arriva Leao: il portoghese è il vero uomo copertina della volata finale insieme a Tonali, per reti e assist. La svolta all’Olimpico contro la Lazio, quando l’8 rossonero si inventa il gol dell’1-2 allo scadere, seguito dal numero 17 che in casa abbatte la Fiorentina con un unico, clamoroso, squillo. La coppia d’oro decide di mettersi in società a Verona e insieme confezionano una doppietta micidiale. Il resto è storia nota ma l’epilogo che ha colorato di rossonero le sponde del Naviglio è il frutto di una stagione dove carattere e fiducia hanno fatto la differenza.