Venerdì 19 Aprile 2024

Se l’odio arriva negli spogliatoi

Doriano Rabotti

Chissà, forse un giorno inventeranno anche i campionati mondiali dell’odio. Non siamo molto lontani, ormai: ci giocano in tanti spontaneamente, senza bisogno di organizzarsi. Non serve un campo, come attrezzattura basta un mouse o un dito da far scorrere sopra lo smartphone, a volte anche solo la lingua da far girare a vuoto.

Non passa giorno senza che le cronache ci riportino episodi miseri nei confronti di atleti che spesso diventano simboli loro malgrado, senza chiederlo. Bersagli, più che idoli.

Prendi la tennista bielorussa Aryna Sabalenka, numero 2 del mondo, finalista a Indian Wells. Pochi giorni prima del torneo, l’ucraina Lesia Tsurenko si è ritirata per non doverla incontrare, per una crisi di panico legata al conflitto. Ma qui siamo nella sfera delle reazioni personali.

Ieri la Sabalenka ha raccontato qualcosa che va oltre: l’odio che trova negli spogliatoi da quando è iniziata la guerra. Non sono tanto le parole spesso prive di umanità che arrivano sui social dagli haters (la cantera dei mondiali dell’odio..), quanto le parole delle persone in carne e ossa. Non delle rivali, ma di alcuni componenti dei loro staff: "Ho avuto strane conversazioni, colloqui molto duri con alcuni di loro. Non riesco a capire perché ci sia così tanta gente che mi odia, io non ho fatto niente".

Sarebbe bello potersi consolare dicendo che è solo un effetto collaterale di una sporca guerra.

Ma siamo sicuri?