Giovedì 18 Aprile 2024

Sarri e la Signora, un’antipatia da scudetto

Il tecnico ritrova domani la sua ex squadra: con la quale, nonostante il titolo vinto, non c’è mai stata sintonia. Men che meno ora

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Maurizio Sarri ha provato a farsela andare giù: ma il suo tentativo è durato due mesi, giorno più, giorno meno. Da agosto a ottobre 2019, appena due stagioni fa: un’altra era quasi, pre-covid. Il tecnico di Figline, che da giovane scappava per andare a vedere l’allenamento di Maradona in Toscana, che ha metà cuore per la viola e metà per gli azzurri, lui che è arrivato a un nulla dal grande colpo di soffiare lo scudetto della Signora, lui dall’altra parte della barricata non poteva starci. Troppa differenza di storia, sensibilità, filosofia, background. Perfino di gioco: impensabile vincere a Torino con quel modo spregiudicato di impostare le squadre. E così l’incontro-scontro tra i due mondi, tentato da Agnelli per dare soddisfazione ai critici di Allegri, spinto a gran voce dal giochisti a spese dei risultatisti, è durato due mesi. Giusto il tempo per Sarri, come lui stesso ha riconosciuto in una intervista ex post, per riunire il proprio staff e decidere: in pratica andare avanti per la propria strada e farsi cacciare dopo 20 giorni, oppure vivacchiare di compromessi, vincere lo scudetto e chiudere comunque a fine stagione. In Italia, si sa, le idee camminano sulle gambe degli uomini: e pensare di abbandonare così presto per fedeltà ad un’idea non è stata l’opzione prevalente. Così addio pressing, addio squadra alta, addio gioco corale: del resto ben poco compatibili con individualisti nati come Ronaldo e Dybala in squadra. La Juventus perdeva la propria voglia di cambiamento e rientrava lentamente nella sua comfort zone fatta di individualismi, personalità forti, partite gestite e – ovviamente – scudetto alla fine. L’ultimo dell’era Juve per inciso. Poi il divrzio annunciato, la nuova svolta con la scelta di Pirlo, e per Maurizio un altro anno da trascorrere tra rabbia e ricordi, in attesa di tornare in pista. "Con me non si è nemmeno festeggiato lo scudetto: nemmeno una cena assieme, i giocatori tutti via per proprio conto. Adesso festeggiano per un quarto posto all’ultima giornata" la stilettata alla fine dell’anno scorso. Se la Juve non era all’apice della sua simpatia, domani Maurizio Sarri di certo si trova di fronte una squadra doppiamente lontana ed estranea. Ironia della sorte, proprio nella partita che può definitivamente allontanarla da qualsiasi sogno di rimonta: dopo i tre punti in extremis acciuffati da Cuadrado contro la Fiorentina. Maurizio a Torino è come se non ci fosse mai passato: l’uomo che avrebbe dovuto fare la rivoluzione, invece non ha lasciato il segno, molti silenzi e tante sere trascorse a pensare cosa sarebbe potuto essere e non è stato. A cominciare da quel viaggio in Grecia per convincere Ronaldo a giocare centravanti: Sarri avrebbe avuto più intensità alle sue spalle, più pressing, più apertura del gioco. Niente: comandava Ronaldo. Il primo dei compromessi. La prima tappa di una sconfitta annunciata ancora prima che firmasse il contratto con la squadra che lo ha sempre relegato in un angolo, da allenatore avversario come da tecnico in casa. Che ne sarà domani?