Sanremo a sorpresa, a cantare è solo Stuyven

Il belga sorprende tutti negli ultimi due chilometri e mette a tacere anche i tre "tenori" Van Aert, Van der Poel (piazzati) e Alaphilippe

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di Angelo Costa

Zitti e buoni: al festival di Sanremo della bici canta Jesper Stuyven, il belga che non ti aspetti. Con un blitz nei due chilometri finali a base di coraggio e fantasia, mette a tacere tutti, a cominciare dai tre tenori strafavoriti: Van Aert e Van der Poel spremono solo un piazzamento, Alaphilippe neanche quello.

E’ un sorpresone: di tanti possibili outsider di un’edizione dal pronostico blindato, il fiammingo non era fra i più quotati. Anche per colpa sua: a quasi 29 anni, Stuyven conta nove successi da professionista, comprese un paio di classichette belghe, e qualche comparsata nei dieci al Fiandre e alla Rubè, vinta da juniores.

Qui è bravo a coglier l’attimo, che vale sempre più di un ottima reputazione: scendendo dal Poggio, dove la corsa come sempre esplode, si accorge immediatamente che nel drappello di testa ci sono ancora troppi velocisti, così decide di muoversi in anticipo.

"Mi sono detto: o tutto o niente. Ho dato tutto quel pochissimo che mi era rimasto nelle gambe, per fortuna è bastato", è la spiegazione del suo istinto da killer, che lo rende imprendibile fino al traguardo.

Se gli basta è perché nelle vie di Sanremo trova la sponda di Kragh Andersen, che lo raggiunge consentendogli di tirare il fiato, e perché chi lo rincorre ha un attimo di fatale esitazione prima di lanciarsi nello sprint, come succede quando si teme che far la prima mossa finisca per favorire gli avversari.

Ma Stuyven fa saltare il banco anche perché la Trek di Luca Guercilena è tra le più attive: prima infila Conci nella consueta maxifuga partita al via che fa schizzare in alto la media (45 orari alla fine) e la fatica altrui, poi nel finale tiene Nibali a far la punta e anche il regista nella folle arrampicata in cima al Poggio.

Per dirla con Velasco, glorioso ct del volley, chi vince festeggia, chi perde spiega. In coda a quasi sette ore di cammino, a far la differenza sono i dettagli.

"Per vincere non bastano gambe buone, deve andar tutto per il verso giusto: per me non è stato così", racconta evidentemente deluso Van Aert, dopo aver provato sull’ultimo colle ad andarsene con Alaphilippe, come un anno fa.

Non perfetto lui, che un po’ si è risparmiato per lo sprint, meno ancora Van der Poel, di rincorsa anche quando avrebbe dovuto essere rincorso: finisce alle spalle di Sagan, quarto per il terzo anno in fila, puntualmente nei dieci anche nell’anno in cui si presenta meno in palla per via del covid, a dimostrazione del fenomeno che è.

Quanto all’Italia, ha in Colbrelli l’unico piazzato e il rammarico di non aver trovato lo Stuyven che serviva. Anche se c’era: chissà come sarebbe finita se Filippo Ganna, impressionante per forza e passo sugli strappi, avesse avuto carta bianca per sparare le sue cartucce dopo il Poggio anziché esser sacrificato insieme all’altro talento Pidcock per Kwiatkowski, mai pervenuto.

Questo infine l’ordine d’arrivo 112esima Milano-Sanremo: 1) Jesper Stuyven (Bel, Trek) km 299 in 6h 38’06’’ (media 45,064), 2) Ewan (Aus) st, 3) Van Aert (Bel), 4) Sagan (Slk), 5) Van der Poel (Ola), 6) Matthews (Aus), 7) Aranburu (Spa), 8) Colbrelli, 12) Trentin, 16) Alaphilippe (Fra), 18) Nizzolo a 6’’, 35) Nibali a 10’’.