Sabato 20 Aprile 2024

Re Carlo porta la rivoluzione a Liverpool

Ancelotti vuol ribaltare le gerarchie con l’Everton, sull’esempio di City e United: è primo alla faccia di chi lo considerava pensionabile

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di Paolo Franci

Guardando a quella sua aria serena e così profondamente british, si fa fatica a immaginarlo come un Grande Rivoluzionario. Eppure ‘King’ Carlo Ancelotti lo è. Ha conquistato la maledetta ‘Decima’ a Madrid entrando nella storia del club più prestigioso del pianeta. Ha costruito mondi nuovi e vincenti a Milano, allo Stamford Bridge, a Parigi. Come i grandi rivoluzionari, ha perso anche le sue battaglie. La più bruciante alla Juve e poi con il ‘Bounty bavarese’, l’ammutinamento di Hummels, Boateng, Robben, Ribery e Muller al Bayern, nonostante un paio di trofei conquistati. E l’ammutinamento l’ha vissuto anche a Napoli. Stavolta dei giocatori contro De Laurentiis, ma alla fine l’ha pagato anche lui. Ha vinto quintali di trofei da giocatore e da allenatore. E non s’è mica accontentato. Con Zizou Zidane e Bob Paisley è il tecnico che ha vinto più coppe dei campioni.

Ora è a Liverpool. L’altra Liverpool. Là dove il Merseyside si tinge di un blu profondo. Lo hanno chiamato per alzare il sopracciglio, sua inconfondibile griffe somatica, e guidare la ‘Glorious Revolution’ – la storia ha battezzato così la seconda rivoluzione inglese e con King Carlo ci siamo, dopo quella con il Chelsea... – che a guardarla oggi pare impossibile. Come si fa a rovesciare lo strapotere del Liverpool? E’ possibile scavalcare dimensione e peso internazionale delle Jurgentruppen di Klopp? Sì. La storia insegna che un altro club, guidato ancora una volta da un italiano, Roberto Mancini, ha fatto quel che si chiede ad Ancelotti, mandando in contromano il pallone a Manchester. I Citizens hanno messo sotto i Red Devils da un bel po’ e da quelle parti ormai comandano loro.

Certo, ci vuole la grana per buttare giù un Re dal trono. Ce n’è voluta tanta a Manchester. Ce ne vuole altrettanta a Liverpool. Il proprietario dell’Everton è l’imprenditore anglo-iraniano Farhad Moshiri, che ha acquistato la maggioranza delle quote nel 2016. Moshiri ha un patrimonio da 2,5 miliardi di dollari – è secondo Forbes la 950esima persona più ricca al mondo – e in quattro anni ha speso 400 milioni di euro per il club. Non ha vinto, ma dal punto di vista finanziario ha fatto cose enormi: raddoppiati gli introiti commerciali e 19esimo fatturato più alto d’Europa, pur non essendo mai andato oltre il 7° posto in Premier. Questo vuol dire che il club è pronto al decollo. E per far partire il razzo, Moshiri ha scelto un pilota al quale ha affidato area tecnica e d’immagine internazionale dell’Everton. Avere Ancelotti significa due cose: costruire un grande club e fare in modo che tutto il mondo parli di te, solo perchè c’è lui a guidare la squadra. E questo, dal punto di vista del marketing è un plus formidabile.

King Carlo è arrivato lo scorso dicembre. Dieci mesi dopo è primo in classifica, pur avendo incassato la prima sconfitta stagionale a Southampton, complici diverse assenze e la squadra ridotta in dieci. Però i Toffees, che domani affronteranno la trasferta di Newcastle, se ne stanno lassù a braccetto del Liverpool (che gioca oggi), anche se l’Aston Villa resta virtualmente primo, dovendo recuperare una partita. Ancelotti sta portando avanti la ricostruzione della squadra ma anche del brand, che trovera il suo punto più alto con il ‘People Project’ e cioè la riqualificazione dell’area del Bramley-Moore Dock, la zona portuale che ospiterà il nuovo stadio dell’Everton. Un progetto da 500 milioni di sterline.

All’impianto di squadra già solido e impreziosito da una coppia d’attacco formidabile – il brasiliano Richarlison e quel Dominic Calvert-Lewin che fin qui ha segnato 7 gol in 6 partite – Ancelotti ha aggiunto giocatori che ha avuto in passato e dei quali si fida ciecamente. Allan dal Napoli e James Rodriguez, l’ultima stella della rivoluzione di Liverpool. Per non parlare di Doucourè, altro pezzo da novanta dei Toffees. Si sa, King Carlo è un maestro nella valorizzazione o il recupero del talento più puro. Risultato: primato in classifica, terzo miglior attacco, pur con una difesa non imperforabile. Ma qui, statene certi, King Carlo troverà il modo di far tornare i conti. Se poi riuscirà a resistere lassù la vedremo. Ma è o no l’uomo delle Grandi Rivoluzioni?