Martedì 23 Aprile 2024

Parte l’era Vasseur, inseguimento al mito Todt

Il nuovo team principal della Ferrari chiamato a conquistare un titolo che manca da troppi anni. Ma la “vecchia squadra“ sarà decisiva

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di Leo Turrini

Parlando di romanzeschi eroi francesi, il grande Dumas intitolò “Vent’anni dopo” il secondo capitolo della saga dedicata a D’Artagnan e ai Moschettieri.

Trent’anni dopo, invece, Fred Vasseur, nuovo capo del reparto corse Ferrari, sogna di ripetere le imprese del connazionale Jean Todt. Che debuttò in groppa al Cavallino nel 1993. Con risultati straordinari: otto mondiali costruttori, sei titoli piloti.

Facciamo che Vasseur, oggi all’esordio in ufficio a Maranello, si accontenterebbe anche di meno…

Chi è. Ingegnere aeronautico, da sempre uomo di corse, il manager transalpino ha lanciato nelle categorie minori personaggi come Hamilton, Rosberg e lo stesso Leclerc. Con Carletto, che è stato suo pilota in F1 con Alfa Sauber, ha un eccellente rapporto (meno con Todt junior, che del monegasco è il potente procuratore). Infine, il che non guasta!, è ottimo amico di Carlos Tavares, l’ad di Stellantis, il gruppo nato dalla fusione tra Peugeot e Fiat Chrysler. Tavares ha raccomandato la soluzione Vasseur al presidente Elkann, notoriamente estraneo alle dinamiche “agonistiche”. E il cerchio si è chiuso. Con buona pace di Mattia Binotto.

L’auto dell’ex. E qui siamo al primo paradosso della nuova era Ferrari. La monoposto 2023 è pronta da mesi. È stata cioè preparata dal team di Binotto. I capo area (Cardile, Sanchez, Gualtieri) hanno già fatto il loro lavoro: metterli in discussione a meno di due mesi dal Gp inaugurale (Bahrain, 5 marzo) sarebbe insensato. Da loro ci si aspetta una vettura più leggera (lo sarà), più potente (lo sarà) e più affidabile (e questo, come scriveva il mio amico Mogol, invece lo scopriremo solo vivendo).

Al muretto. Dove invece Vasseur potrà incidere subito è sulla gestione della macchina in pista. Per ora il diesse Laurent Mekies rimane al suo posto, mentre non si conoscono le intenzioni del nuovo capo a proposito delle strategie da adottare in gara. Lo spagnolo Rueda e l’indiano Ravin sono finiti spesso nell’occhio del ciclone, durante il 2022: ma esperienza insegna quanto, in materia, sia sbagliato personalizzare.

In breve. Una Scuderia è una squadra. Nemmeno Schumacher, che era Schumacher!, vinceva da solo. Come Jean Todt, il glorioso predecessore, potrebbe ben spiegare a Vasseur. Cui da oggi spetta il compito di valorizzare al massimo le risorse umane di cui la Ferrari già dispone in abbondanza. Perché è ingiusto pensare (e raccontare) che ci sia un deficit di competenze: da Simone Resta, progettista in prestito alla cuginetta Haas, a Diego Ioverno, che andrebbe riportato ai box con funzioni operative, da Jock Clear a Jonathan Giacobazzi, insomma, dalla tecnica alla politica a Maranello non mancano le figure di spessore.

Fin qui, per ragioni che persino troppo spesso ho tentato di indagare, in Ferrari mai sono riusciti, dopo Todt, a comporre il mosaico perfetto. Sono cambiati, dal 2008, anno dell’ultimo titolo costruttori, tre presidenti e cinque team principal, per tacere dei piloti. Roba che neanche il Palermo di Zamparini.

E se Vasseur, da buon francese, non ha mai sentito nominare Zamparini, beh, può sempre chiedere all’autore di queste righe.