Venerdì 19 Aprile 2024

"Ora sono le altre che devono temere l’Italia"

Bergomi punta sugli azzurri: "Entusiasmo e grande gioco, Mancini può arrivare in fondo. Che emozione allo stadio con la gente"

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di Gianmarco Marchini

"La Nazionale ti regala un sogno". Il suo, Beppe Bergomi, lo visse ch’era ancora un bambino, nonostante quei baffi per darsi un che da uomo tra gli Zoff, i Scirea e gli Oriali. Era l’estate 1982 e l’Italia che metteva fuori la testa dagli anni di piombo, si identificò negli azzurri di Bearzot. Come finì lo sappiamo tutti, perché è Storia.

Bergomi, il sogno di Mancini quanto è reale?

"Questi ragazzi possono andare lontano se tengono acceso l’entusiasmo. Si alzerà il livello, certo, ma le altre squadre saranno condizionate contro di noi. Affrontarci è diventata dura: ora sono le altre a doverci temere. Può succedere qualsiasi cosa, per carità: ma questa Italia cosa ci sta facendo vedere? Io ne ho viste poche di Nazionali così".

Così come?

"Il modo in cui si esprime, il calcio che propone. Mi dicono: hai troppo entusiasmo. Ma non lo decido mica io: se la squadra mi emoziona, io parto sull’onda. Gioca bene da quasi trenta partite: anche se ne sbaglia una, io non scendo dal carro".

Ora tutti salgono su quello di Locatelli. Se l’aspettava un’affermazione tanto veloce?

"Onestamente no: che facesse così bene è sorprendente, anche se con De Zerbi è cresciuto tanto. Poi è un ragazzo che mi piace molto, l’ho conosciuto a un evento, s’è alzato per venirmi a salutare: è un segno di educazione, che non guasta mai".

Ma è pronto per una grande squadra?

"Sì, lo è. Ha 23 anni, ci siamo, quest’esperienza dell’Europeo gli farà acquisire un’esperienza forte a livello internazionale".

Contro la Svizzera chi altro l’ha impressionata?

"Berardi ancora molto bene: è quello più determinante, salta l’uomo, fa assist. Poi ho visto un Jorginho super".

Proviamo a trovare un punto debole a questa Nazionale...

"C’è un solo rischio, ma è un rischio calcolato: con la continua pressione in avanti che l’Italia fa, l’avversario può aprirsi il campo se palleggia bene. La Svizzera ha avuto due-tre chance importanti, ma non le ha sfruttate. Ecco, questo è l’unico rischio, anche se poi quando mercoledì gli azzurri si sono messi col 5-3-2 hanno dimostrato una solidità impressionante".

Un muro che può reggere anche all’urto di una Francia, per esempio?

"I francesi hanno le migliori individualità, ma non esistono squadre imbattibili. Hanno vinto con la Germania, fuori casa, e ho visto le stelle mettersi a disposizione: Griezmann che va in scivolata, Benzema che arretra, l’ha fatto pure Mbappé. Bisogna capire se sapranno giocare sempre di collettivo: se ci riescono, sono i favoriti. Ma tutto è possibile: e la Francia non troverà mai i picchi di gioco dell’Italia".

Intanto, però, ha ritrovato un Pogba come non lo vedevamo da anni...

"Se lo metti a due non rende, o più spostato laterale come nello United. Lui deve fare il terzo centrocampista, la mezzala, a cui devi concedere meno rientri e più giocate. Se glielo consenti, in quel ruolo ti dà tanto".

CR7 si è presentato con due gol: è uno di cui la Juventus si può privare senza pensieri?

"Nessuno può rinunciare a Cristiano senza pensieri. E se cerchiamo un tecnico che può farlo rendere al massimo, quello è Allegri. Però Ronaldo dovrebbe accettare qualche sostituzione e qualche panchina in più. Se lo fa, allora me lo tengo sempre".

Se le dico Eriksen?

"Rispondo che ho pianto. Mi ero addormentato sul divano, apro gli occhi e vedo questo cordone di giocatori: subito ho mandato indietro le immagini e ho rivisto bene. Per me è stato straziante: perché ti immedesimi, perché poteva capitare a te, perché gioca nell’Inter. Tante cose mi sono passate dentro. Ora vederlo sorridere fa enormemente piacere".

Restando alle emozioni, cosa significa quest’Europeo dopo la pandemia?

"Uscire da qua, andare allo stadio, fare i selfie con gente che arriva da tutta Italia: sensazioni fortissime. Poi la cerimonia d’apertura col tema della rinascita: quando ha cantato Bocelli, a me è venuta la pelle d’oca, Fabio (Caressa, ndr) ha pianto sei volte. Poi gli spalti: sapevo ci fossero sedicimila tifosi, ma sembravano molti di più. Non ero più abituato alla gente".