Mercoledì 24 Aprile 2024

Musetti adesso è grande Alcaraz si deve inchinare

Vittoria ad Amburgo per il giovane toscano, primo successo nell’Atp. Berrettini si arrende, a Gstaad il titolo è di Ruud. Bronzetti ko a Palermo

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di Paolo Franci

A un certo punto, dopo aver visto scivolar via cinque -matchpoint-cinque contro VelociCarlos e dopo una gran giocata nel mezzo di un terzo set che si pensava fosse più da ’Vamos’ che da ’Andiamo’, Lorenzo ha fatto quel gesto. Lo ha fatto col dito che punta a terra, il ghigno glaciale e una frase che passa nella testa ma non tra le labbra: "Yo estoy aquì". Come Cristiano Ronaldo ai tempi di Madrid. Voleva dire: "Tranquilli, ci penso io".

E Lorenzo Musetti, il ’rogerino’ di Carrara, ci ha pensato e l’ha pure fatto, vincendo al terzo (64, 67, 64) con Carlos Alcaraz la finale del ’500’ di Amburgo. Lo ha fatto mostrando quella forza mentale che mancava per essere tra i migliori. Perché su tecnica e colpi siamo lassù. Ha messo ko il numero 5 (da oggi) del ranking alla sua prima finale Atp, inceppando la macchina sparapalle spagnola che tutti vogliono perfetta, invincibile e al termine del processo di nadalizzazione. Capita però che nel ristretto giro di poche settimane, Carlitos le abbia prese da Sinner e poi da Lorenzo. Impresa, quest’ultima, che vale più di quella di Jannik, con tutto il rispetto. Per le proporzioni tra i giocatori - Lorenzo è in arrampicata, da oggi sarà 31 al mondo e giocava la sua prima finale - per il fatto che Alcaraz aveva giocato fin qui cinque finali Atp vincendole tutte. E invece.

Lorenzo lo ha stordito cambiando ritmo, variando il gioco, usando splendidamente il suo rovescio ’alla Roger’. E’ un "ventenne di vent’anni fa" dice Simone Tartarini suo coach per incorniciarne il talento d’altri tempi. Dirà poi, Lorenzo, al settimo cielo: "Sono riuscito a farlo piangere di gioia, era ora...".

Fatto non da poco: Musetti ha bruciato spesso lo spagnolo sul piano fisico. E’ partito forte con un break e vinto il primo 64, ha comandato quasi sempre il match, costringendo il velociraptor spagnolo a rincorrere, imprecare, sbagliare molto di rovescio. Però, dopo aver costruito un capolavoro, quattro match point dei quali tre consecutivi sul 6-3 al Tie, sembrava essersi scavato la fossa quando Alcaraz, sostenuto da striscioni e dai suoi tifosi, li ha annullati vincendo il secondo set per un doppio fallo di Musetti. Alzi la mano chi non ha pensato al tracollo di Lorenzo nel terzo. E (un’altra volta), invece. Forse, solo quel tifoso che gli urlava al cambio di campo: "Vai piccolo!", sapeva quanto Lorenzo sarebbe stato grande. Perché vincere in quel modo, al terzo, reggendo alla ribellione feroce di Alcaraz, è roba da grandi.

E’ roba alla Vilas, che disse dopo aver battuto Connors agli Us Open: "Per battere un avversario non devi essere tu a vincere, ma devi convincerlo che finirà per perdere". E Lorenzo l’ha fatto. Non ce l’ha fatta, invece, Matteo Berrettini a Gstaad, dove ha pagato la stanchezza nel terzo con Casper Ruud e cedendo 46, 76, 62.

Sconfitta anche per la romagnola Bronzetti in finale a Palermo contro la belga Begu, 26 26.