Giovedì 18 Aprile 2024

Mondiali calcio, Qatar al bivio: vittoria o fallimento

La nazionale padrona di casa deve battere il Senegal per evitare il flop dopo 12 anni di preparativi e attese

Il ct del Qatar Felix Sanchez (Ansa)

Il ct del Qatar Felix Sanchez (Ansa)

Il "miracolo" calcistico del Qatar potrebbe avere le ore contate. Dodici anni di attesa, novanta minuti di speranza, aggrappati all'unico risultato in grado di tenere in vita una nazionale "gelata" all'esordio: solo un successo contro il Senegal potrebbe dare un senso ad un torneo che rischia altrimenti di finire prestissimo per i padroni di casa.

Sarebbe un fallimento, inutile nasconderlo. E se la nazionale africana, data per favorita dai bookmakers, arriva alla sfida carica e fiduciosa ("Il Senegal non ha fatto male contro l'Olanda. Abbiamo affrontato una delle migliori squadre del mondo, con giocatori di livello mondiale. Sono molto contento dei miei giocatori, molto orgoglioso", ha dichiarato il ct Aliou Cissé precisando che "Il gol è uno stato d'animo. Serve una certa aggressività per mettere la palla in rete. I nostri attaccanti sono in grado di segnare. Lo hanno già dimostrato in passato"), nell'ambiente qatariota c'è grande attesa ma nessuno vuol respirare aria di rassegnazione. La netta sconfitta nella gara d'esordio contro l'Ecuador ha laasciato il segno a caldo, ma il ct Felix Sanchez Bas è convinto sia stata metabolizzata.

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"Mi auguro che i giocatori mettano in campo il loro miglior livello di calcio. Speriamo di esserci liberati della pressione dell'esordio, vorrei potercela giocarcela e mostrare di essere competitivi". Sanchez negli ultimi tre giorni ha dovuto lavorare soprattutto sull'aspetto psicologico: "Si dice che si impara dagli errori, ora cerchiamo di competere al massimo livello e dimostrare che possiamo fare molto di più di quanto abbiamo visto l’altro giorno, indipendentemente dal risultato – ha continuato l’allenatore spagnolo –. Siamo un piccolo paese con una popolazione molto piccola. Non so se ci sia un altro Paese che ha organizzato un Mondiale come il Qatar. Sono convinto che dopo la Coppa del Mondo, il Qatar continuerà a lavorare affinché il livello del suo calcio continui a migliorare all’interno delle possibilità e dei limiti che abbiamo”.

Ecco, è proprio qui il punto: le aspettative, enormi, che si erano create attorno alla squadra. E il timore che un altro scivolone possa spazzare tutto quel che è stato fatto negli ultimi tre lustri. Perché è dal dicembre 2010, ovvero da quando il Qatar ottenne da Sepp Blatter l’organizzazione del Mondiale 2022, che tutta la nazione è entrata letteralmente nel pallone. Subito la Federcalcio varò un pesante piano di naturalizzazioni, visto che le  norme Fifa lo consentivano. Tutto ciò per rinforzare la rosa di un Paese in cui il calcio non ha mai sfornato troppi talenti. E allora porte aperte a calciatori professionisti nati in Francia o in Africa.

Ma non bastava quel primo passo. I talenti andavano scovati anche in casa, visto che a Doha c'era un’accademia, l’Aspire Academy, istituita dal decreto n.16 del 2004 dell’Emiro Sheikh Hamad Bin Khalifa Al-Thani. L'ambizioso progetto era quello di unire istruzione scolastica ed eccellenza nello sport. Nell'Academy, infatti, gli studenti praticavano atletica leggera, scherma, squash e ping-pong e soprattutto calcio in un complesso accanto al Khalifa International Stadium. Quando però nel 2017 il Qatar non si qualificò al Mondiale di Russia col conseguente licenziamento del ct uruguaiano, la panchina venne assegnata ad uno spagnolo, Félix Sánchez Bas, ex allenatore delle Nazionali giovanili qatariote, U19 e U23, ma soprattutto discepolo di quella filosofia cruyffiana che fece le fortune del Barcellona di Guardiola. Sánchez Bas aveva allenato le giovanili blaugrana e nel 2006 si era trasferito in Qatar per lavorare proprio nell’Aspire Academy. Di fronte all'offerta della Federcalcio qatariota, che gli proponeva la panchina della Nazionale, lui accettò e – con una rosa per il 70% dalla "sua" Aspire Academy – vinse la Coppa d’Asia nel 2019. In realtà Sanchez ne aveva vinta pure un'altra, nel 2014 con la Nazionale U19 del Qatar.  E di quella selezione sono stati chiamati il portiere Hassan, il centrocampista Salman e l’attaccante Almoez Ali, nel segno della continuità di un lavoro iniziato da tanto.

Così può sembrare strano ma al mondiale Sánchez Bas ha chiamato 26 calciatori e tutti provengono dal campionato qatariota. Nessuno gioca all’estero: ce ne sono 13 dell’Al-Sadd, campione in carica della Serie A qatariota, Qatar Stars League, 6 dell’Al-Duhail e altri 7 tra Al-Rayyan, Al-Gharafa, Al-Wakrah e Al-Arabi. Abdelkarim Hassan, detto Lanciafiamme, e Khalid Muner detto L’Artista. C'è Meshaal Barsham, portiere di riserva e fratello di Mutaz, oro nel salto in alto alle Olimpiadi di Tokyo nel 2021 (ricordate? fu lui ad abbracciare Tamberi), c'è Hassan Al-Haydos, che in carriera ha giocato in una sola squadra – l’Al Sadd, con cui ha vinto 18 trofei – e ora, a 32 anni, vorrà sfruttare la vetrina mondiale per lasciare il segno con la Nazionale qatariota di cui detiene il record di presenze (160). E ancora: Abdelkarim Hassan, detto Lanciafiamme, e Khalid Muner soprannominato l’Artista.

Evidente dunque, i giocatori si conoscono bene ma c'è un problema: in Qatar il campionato si è fermato a metà settembre e la Nazionale – 50° nel ranking FIFA – se n'è andata in ritiro in Europa tra Vienna e Marbella. Convinta di essere forte. Ambiziosa. Moderna. Ma al momento di dimostrare sul campo il proprio valore, dopo 12 anni di provini, talent scout, academy, calciatori naturalizzati, passaporti gratis, l'amica Fifa e stadi da favola, è bastato un Ecuador qualunque con 7 titolari su 11 della cantera dell'Independiente del Valle a far tornare i qatarioti sulla terra. In fondo, il pallone è ancora una cosa seria. E a volte certi flop si annunciano da soli.