I Mondiali in Qatar e l'ipocrisia di quelli che si indignano di tanto in tanto

Mezzo mondo è in mano ai despoti. L'Italia vinse la Davis nel Cile di Pinochet del 1976: davvero sarebbe stato meglio non andare?

Si fa prima a dire chi non c’è. Noi. L’Italia. Unico Paese tra quelli che hanno vinto il Mondiale a non essersi qualificato per la fase finale in Qatar. Ed è la seconda volta consecutiva! A Roberto Mancini è stata risparmiata la “damnatio memoriae” inflitta al predecessore Ventura soltanto perché aveva vinto l’Europeo. Ma dimenticare una eliminazione in un girone con Bulgaria, Svizzera, Irlanda del Nord, per tacere dello spareggio con la Macedonia, rimane impossibile. Ci sono macchie che non si cancellano. Vabbè, spettatori ora e sempre, spettatori di un evento epocale che intanto ha già battuto un record. Quello della ipocrisia. Perché farebbe ridere, se non ci fosse da piangere, scoprire soltanto oggi che il Qatar non è il Paradiso dei diritti umani.

Tifosi spagnoli in Qatar (Ansa)
Tifosi spagnoli in Qatar (Ansa)

Scusate, dal bravissimo Fiorello in giù: lo era forse, un Paradiso della libertà, la Russia di Putin nel 2018? E come la mettiamo con due Olimpiadi, fra estiva e invernale, affidate alla Cina in meno di quindici anni? E perché l’Occidente libero e democratico ha permesso ad una oligarca russo di divertirsi con il Chelsea e permette ad emiri e sceicchi di alterare le regole del gioco con i petrodollari sparsi fra Psg e City?

Voglio dire questo: non ci si può indignare di tanto in tanto. Se pensiamo che lo sport non debba essere vetrina per satrapi e dittatori, il principio (che io in astratto condivido) va rispettato sempre. Sapendo che mezzo mondo è in mano ai despoti. E ricordando la Davis di Panatta e compagni nel Cile di Pinochet del 1976: davvero sarebbe stato meglio non andare? Davvero Bearzot e Paolo Rossi non avrebbero dovuto scendere in campo nella Argentina dei desaparecidos nel 1978? Magari è più utile usare lo sport per testimoniare valori diversi da quelli degli organizzatori locali. O almeno è lecito sperare.

Chiedo perdono per lo sfogo, eh. Del resto, il Mondiale qatariota è una schifezza perché il calcio, in nome dei soldi, ha svenduto la sua identità. Si assegna la Coppa nel deserto, sotto Natale e in meno di un mese, dopo aver oscenamente compresso i calendari: domenica si giocava in campionato...

È serio? No. Ha senso? No. Però poi arriva il fischio d’inizio e le emozioni prenderanno il sopravvento. Le guarderemo reprimendo frustrazione e malinconia: ben che vada, ritroveremo gli Azzurri nel 2026, dodici anni dopo la figuraccia brasiliana.

A proposito: ovviamente la Seleçao di Neymar è tra le grandi favorite, con l’Argentina dell’ultimo Messi. La Francia insegue con Mbappe un bis immediato riuscito solo a Garrincha (1958-62) e al nostro Meazza (1934-38). Outsider Belgio e Spagna. Per una scommessa audacissima, andrei sulla Croazia di Modric.

Infine, tanto vale confessarlo. Forza e coraggio, italiani orfani della Coppa del Mondo: alla prossima edizione mancano meno di quattro anni…