Mercoledì 24 Aprile 2024

Marko Livaja, da flop con Inter e Atalanta a trascinatore della Croazia ai Mondiali

Più comportamenti sopra le righe che gol nella sua esperienza in serie A. Ora il riscatto nel torneo iridato in Qatar: decisivo nella vittoria contro il Canada

Marko Livaja decisivo con la Croazia

Marko Livaja decisivo con la Croazia

Di lui si erano perse le tracce, almeno fino a domenica sera, quando la sua rete, quella del 2-1 ha propiziato la vittoria della Croazia contro il Canada nel gruppo F del Mondiale: un nome, quello di Marko Livaja, che ha riaperto i cassetti della memoria di molti tifosi italiani, in particolare interisti e atalantini, che ne hanno assaggiato a spizzichi e bocconi le indiscusse qualità calcistiche, ma che ne hanno soprattutto conosciuto il carattere complicato e a tratti sopra le righe. La Croazia si giocherà la qualificazione agli ottavi giovedì con il Belgio, e proprio il centravanti di Spalato al momento è uno dei principali indiziati per trascinare la nazionale balcanica verso l’obiettivo, una responsabilità che stride almeno in parte, con una carriera fortemente condizionate da comportamenti antisportivi, che l’hanno portato fuori rosa o ai margini delle squadre in cui ha militato.

Lui, uomo di Spalato, nel club della sua terra natia ci resta ben poco, perché l’Inter di Mourinho, quello fresco del Triplete, è il primo grande club europeo a metterci gli occhi addosso quando ha soli 18 anni: mister Stramaccioni è il suo padre calcistico, ne culla il talento e quando pensa che sia pronto per il grande salto lo fa esordire in Primavera. Con il tecnico romano brilla sotto tutti i punti di vista, fa gol e vince il campionato di categoria, guadagnandosi l’opportunità di esordire in prima squadra: nella prima parte di stagione con i nerazzurri in Europa League è quasi sempre decisivo tanto da segnare quattro reti nella fase a gironi, poi la società decide di inserirlo nell’affare Schelotto, che arrivava dall’Atalanta, e le strade si dividono definitivamente.

È a Bergamo la piazza in cui vanno in scena gli episodi più controversi della sua carriera. Di ricordi positivi infatti, nei 18 mesi vissuti con la maglia orobica, ne lascia ben pochi: entra subito in attrito con l’allenatore di allora Colantuono, che lo lascia spesso fuori rosa, poi sferra un pugno a Radovanovic in allenamento e finisce addirittura per litigare con i propri tifosi, che a suo dire lo avevano etichettato come “zingaro”, e a cui a sua volta risponde pubblicando su Facebook un post razzista contro gli italiani. In tutto ciò, segna 6 gol in 34 partite, troppo poco per evitare una separazione che è sembrata palesarsi chiaramente fin dall’inizio.

In Italia ci ritorna un anno dopo, questa volta è l’Empoli ha doverne subire i colpi di testa, ma anche in questo caso l’esperienza si blocca dopo una stagione. L’attaccante classe 1993 a Las Palmas in Liga riesce a fare ancora peggio: dopo aver raccolto 12 ammonizioni gli vengono inferte cinque giornate di squalifica per aver spintonato l’arbitro, chiudendo in anticipo una stagione fallimentare. Il copione si ripete all’Aek Atene, società dove non si fa certo amare, così a 28 anni ritorna nella sua città natale, tra le fila dell’Hajduk Spalato, che in breve tempo si rivela anche essere la sua isola felice. Marko ritrova la serenità che gli è sempre mancata, mette la testa a posto e compie quella trasformazione che in tanti si aspettavano anni prima. Nella passata stagione, con 32 gol in 40 partite si laurea capocannoniere del campionato e viene eletto miglior giocatore dell’anno, titoli che gli procurano un posto al Mondiale e che lo riabilitano in parte agli occhi del calcio internazionale.