Gianni Infantino e quell'attrazione fatale per l'Asia: la strategia del presidente Fifa

Dai silenzi sugli operai morti in Qatar e sulla violazione dei diritti umani in Iran al raddoppio delle squadre asiatiche ai Mondiali 2026: il capo del calcio sposta il baricentro verso Est

Se si fa eccezione per il Qatar, le squadre asiatiche sono grandi protagoniste di questo mondiale, dall'Arabia al Giappone fino all'Iran ed è quindi comprensibile come le attenzioni del presidente della Fifa Gianni Infantino verso l'Asia siano così particolari: dal raddoppio delle squadre asiatiche alla fase finale del Mondiale 2026 (da 4 a 8) alle frasi pronunciate alla vigilia dei mondiali ("c'è troppa ipocrisia, l'Europa dovrebbe scusarsi per 3000 anni per quello che ha fatto"), dall'incomprensibile silenzio sulle migliaia di operai morti nella costruzione di stadi e infrastrutture in Qatar fino all'altrettanto imbarazzante silenzio sulla violazione dei diritti umani in Iran.

La imbarazzante vicenda della fascia infine conferma come la Fifa sia schierata a protezione non dei diritti umani ma dei Paesi che maggiormente li mettono in discussione, soprattutto in Asia. Ma perché questo endorsment così forte nei confronti dell'Asia da parte dell'italo-svizzero? In primis va ricordato che tutti i Paesi del Golfo, dall'Arabia al Bahrain fino agli Emirati, hanno messo in campo programmi governativi denominati Vision con prospettiva 2030 o 2034 o addirittura 2038 in cui lo sport e l'investimento nello sport rappresentano una parte colossale. E quando si parla dei primi Paesi al mondo per ricchezza e disponibilità di risorse da investire è chiaro che le antenne della Fifa siano immediatamente sensibili.

Ma non solo. Infantino è stato colpito nel 2016 quando alle elezioni per la presidenza della Fifa il suo rivale, lo sceicco del Bahrain Salman bin Ibrahim Al Khalifa, allora presidente della Uefa asiatica, la AFC, ottenne ben 88 voti contro 115 al secondo scrutinio, nonostante una campagna mondiale contro il rivale di Infantino per la violazione dei diritti umani con il Bahrain al centro dei riflettori internazionali per la grande tensione tra sunniti e sciiti e la forte influenza di Arabia Saudita e Iran in una zona strategica del Golfo. Infantino in quella circostanza ha capito quanto l'Asia politicamente sia forte ed il suo soft power esteso nel mondo con acquisizioni di grandi club, sponsorizzazioni e l'organizzazione di grandi eventi stesse spostando il baricentro decisamente verso Est.

L'intelligenza politica di Infantino lo ha portato quindi a moltiplicare le attenzioni verso l'Asia prima di perderla politicamente. Oltre all'estensione delle squadre ammesse alla finale mondiale (da 4 a 8, mentre l'Europa - dove ad esempio Italia e Svezia sono rimaste fuori oltre alla Norvegia di Haaland - non avrà nessun aumento), il presidente ammicca anche a una edizione del Mondiale in Arabia Saudita per il 2030 o il 2034, bypassando anche l'alternanza tra continenti nel caso di anticipo al 2030. Lo smacco subito dal Qatar (Paese non amico e nei confronti del quale l'Arabia Saudita ha guidato un lungo embargo commerciale finito solo di recente) ha spinto i sauditi ad accelerare a tutta per avere a loro volta una edizione della finale. Magari da organizzare su più sedi anche con un paese europeo ed a questo proposito si era anche parlato dell'Italia.

Ed anche per questo Infantino è in prima fila per raddoppiare le edizioni dei mondiali, passando da quadriennale a biennale: trovando in questo l'opposizione di Ceferin, presidente dell'Uefa i cui campionati europei diventerebbero a quel punto una manifestazione laterale. Più mondiali ci saranno, più sarà in grado di accontentare la fame di grandi eventi di un'area sempre più importante per gli equilibri non solo del calcio. E allontanare la minaccia di una clamorosa sconfitta elettorale proprio nel momento in cui sul calcio sta per piovere una montagna mai vista di soldi. Altro che Superlega...