GIULIO MOLA
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Croazia, qui il talento è di casa. E con la Jugoslavia unita sarebbe (quasi) imbattibile

Modric, Brozovic e Perisic le stelle della nazionale in semifinale mondiale contro l'Argentina. Ma la Storia ha cancellato un "dream team" con Milinkovic-Savic, Vlahovic e altri campioni

Doha (Qatar), 11 dicembre 2022 - Una favola come quelle che si raccontavano una volta, che durano nel tempo e che riascolti sempre con piacere. Una certezza in un torneo che nulla ha di scontato, se non rigidi e controversi protocolli. Un sogno che non fa dormire un popolo intero innamorato dei propri colori. Tutti in piedi davanti alla Croazia, la più dispettosa e irriverente delle semifinaliste, capace con un solo tiro nello specchio della porta in centotrenta minuti di gioco di rispedire a casa a mani vuote il Brasile di Neymar, cancellando illusione e pronostici di chi era già pronto a gustarsi una semifinale fra verdeoro e Argentina.

E invece no, rieccola la Croazia, sempre lei. Si era presa una "pausa di riflessione" agli ultimi Europei, si è riorganizzata, e ormai non fa più notizia. Anche perché ha un curriculum da reginetta: terza nel 1998, finalista nel 2018, ancora fra le prime quattro nell’edizione del 2022, guidata dal ct Zlatko Dalic. Smentendo un po’ il solito luogo comune, quella di squadra effervescente ma anche con una certa tendenza a sciogliersi sul più bello, perché non si arriva per caso così in alto in due Mondiali di fila.

La scintilla è stata riaccesa dalla generazione d’oro, che in un decennio ha riportato i biancorossi a una nuova ribalta culminata con la delusione nella finale di Mosca e l’addio di tanti senatori. La difficoltà a riaprire un nuovo ciclo si è vista nell’ultimo Europeo, vero, dove la Croazia è stata eliminata dalla Spagna già agli ottavi, mostrando tutti i limiti tattici e psicologici. Quella batosta ha però fatto bene alla squadra di Dalic, che si è rialzata subito. Anche perché, nel Paese che conta appena 4 milioni di abitanti, è impressionante la densità di talenti sportivi che giovanissimi si affacciano già sulla ribalta internazionale: non a caso la Croazia è la costola calcisticamente più raffinata di quella Jugoslavia che un tempo veniva definita "il Brasile d’Europa". Sarebbe il caso, e l’ora, di dare al Brasile l'etichetta di "Jugoslavia del Sudamerica". E questo, al netto della propaganda, per il reiterato spreco di talento e le immancabili amnesie nei momenti topici.

La Croazia oggi sta dimostrando di essere una bellissima e consolidata realtà. Non è più l’eterna promessa, non è solo genio e sregolatezza. Fra i pali ha un portiere con sei mani, come l’ha coloritamente esaltato il web, a nome Dominik Livakovic; in difesa c’è Juranovic, terzino destro, migliore per distacco, e poi un fortissimo centrale di appena 20 anni, Jovsko Gvardiol, scuola Dinamo Zagabria, speciailzzazione Red Bull Lipsia, con il  Chelsea o il Real Madrid nel destino; a centrocampo mettiamo l'atalantino Pasalic, mossa segreta, di utilità estrema accanto al fosforo interista di Marcelo Brozovic e alle accelerazioni sulla fascia dell’ex nerazzurro Ivan Perisic. Su tutti, sopra tutto, la classe immensa di Luka Modric, il primo dei candidati al prossimo (meritatissimo) Pallone d’Oro, a 37 anni fenomenale leader del gruppo, cervello della Croazia, gelido rigorista, simbolo del talento immenso di una squadra vera e tatticamente organizzatissima. Vero, manca, agli "scacchisti" di Dalic, un centravanti di peso: il Suker etichetta ‘98, il Mandzukic vendemmia 2018. Ma alla fine ti può bastare anche Bruno Petkovic, ex Catania, Varese, Reggiana, Entella, Trapani, Bologna e Verona per quell’infinito attimo di gloria e felicità.

Eppure, la domanda da Bar dello Sport degli ultimi anni è sempre la stessa: cosa sarebbe la formazione dei Balcani se esistesse ancora la Jugoslavia? Probabilmente sarebbe davvero la favorita alla vittoria dei Mondiali. Provate a metterli tutti insieme, i fratelli Milinkovic-Savic (il portiere e il centrocampista della Serbia) insieme agli juventini Vlahovic e Kostic. E poi i viola Milenkovic e Jovic, i granata Lukic e Radonjic, i veronesi Lazovic e Ilic, il doriano Djuricic (Sampdoria). E accanto a loro i "mostri sacri", da Modric a Kovacic, da Brozovic a Perisic, passando per Savic, Pjanic, Dzeko e Handanovic. Una rosa da brividi, per qualità e fisicità. Anche se può bastare questa Croazia, talentuosa, solida, cinica e folle a mettere in ansia Messi e compagni. Per la più impronosticabile delle semifinali Mondiali.