Max il predestinato, la solitudine del re

Verstappen vince in Giappone e fa il bis nel mondiale: a 25 anni è già nella leggenda, ma l’unico amico nel paddock è Leclerc

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di Leo Turrini

Chissà se è vero che ha imparato a guidare più dalla mamma, anche lei kartista, che dal padre Jos, bizzarro compagno di squadra di Schumacher nella Benetton di una vita fa. Sia come sia, le corse fanno parte della vita di Max Verstappen in maniera totale. Persino la fidanzata del due volte campione del mondo appartiene simbolicamente allo stesso ambiente: è la figlia del brasiliano Nelson Piquet, tre volte iridato negli anni 80.

Dipenda o meno dal DNA, questo giovanotto olandese sta riscrivendo a tempo di record la storia dei gran premi. Nel caso servisse ancora un’ulteriore dimostrazione del suo prodigioso talento, ieri in Giappone Verstappen si è inventato al via un numero che ha istantaneamente riportato alla memoria la figura di Ayrton Senna. Resistere all’esterno sul bagnato all’attacco di Leclerc richiedeva audacia e fantasia: i tratti distintivi del tulipano.

Del resto, qui e ora, stiamo parlando di un predestinato. A me è capitato di scrivere un articolo dedicato a quello che allora era semplicemente il figlio del burbero Verstappen quando il ragazzino nemmeno aveva debuttato sulle piste del circo a quattro ruote.

Andò così. Un giorno incontrai l’amico Luca Baldisserri, già in ingegnere al servizio di Michael Schumacher. Se non rammento male eravamo nel 2014. Il Baldo era il responsabile della Accademia Ferrari per i piloti emergenti. Senza preavviso, mi disse: "Ho visto guidare il fuoriclasse del domani, il tizio che manderà in pensione Lewis Hamilton. È un ragazzo allievo della scuola Red Bull, si chiama Verstappen, è il figlio del driver del passato, ma possiede una classe naturale che il padre manco si sognava".

Beh, non era un’esagerazione. Ancora minorenne, l’olandese fece il debutto in Formula 1 al volante della Toro Rosso di Faenza, ma venne presto promosso a bordo della monoposto ufficiale dei bibitari. E il debutto fu una sorta di profezia. In Spagna, nel 2016, l’imberbe Verstappen, che aveva debuttato in F1 quando non aveva la patente per guidare una 500!, si aggiudicò la gara, tenendosi dietro per tutta la corsa la Ferrari di un certo Kimi Raikkonen.

Il seguito è cronaca che diventa storia. Aggressivo anche fuori dalle piste, all’inizio Verstappen alternava capolavori agonistici ad errori dettati dal furore di chi non voleva saperne di aspettare. Bruciava dentro di lui la fiamma della velocità. Anche per questo, di amici ai box non ne ha poi tanti. Se non altro, in tempi recenti ha ricucito un rapporto decente con Carletto Leclerc, con il quale era abituato a litigare di brutto sin dei giorni dell’adolescenza, quando i due si sfidavano senza tanti complimenti su qualunque tipo di tracciato e con qualunque mezzo meccanico.

Oggi, nel 2022, Max è un campione consacrato. Ha compiuto il definitivo salto di qualità un anno fa, quando in circostanze che con un eufemismo potrei definire rocambolesche ha saputo strappare il titolo ad un personaggio carismatico come Hamilton. In quel duello rovente, Verstappen non ha risparmiato i colpi bassi, ricevendone pure. Ma l’ha spuntata, diventando non solo campione, bensì uomo.

Dovesse durare come Fernando Alonso, nel 2039 Verstappen sarebbe ancora in pista.

Non è una promessa. È una minaccia per i suoi avversari.