Matteo, green pass per la storia: è finale

Wimbledon, Berrettini stende Hurkacz: è il primo italiano di sempre a giocarsi il titolo. Domani il grande duello con Djokovic

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di Paolo Grilli

E’ di Matteo il green pass, quello che apre le porte della storia sull’erba nobile di Wimbledon. La nostra speranza è verdissima, in una carambola di sogni che domani porta anche a Wembley, da una finale all’altra, per l’orgoglio di un intero Paese.

Yes, we can. Vogliamo esagerare, sull’onda di un entusiasmo del tutto legittimo? Ieri Berrettini, per gran parte della semifinale vinta con ogni merito (6-3 6-0 6-7 6-4), sembrava il Federer di dieci anni fa: bisogna andare indietro di parecchio per trovare un dominio simile a questo livello del torneo più importante del mondo.

Battuto l’erculeo polacco Hurkacz, battuti i miti della storia azzurra della racchetta. Solo Pietrangeli era riuscito ad arrivare in semifinale sui campi dell’All England Club, 61 anni fa. Matteo ha fatto meglio anche di lui: grazie a una potenza inaudita, certo, ma pure con la classe e la tempra dei campioni fatti e finiti.

La mimica stessa del gigante romano è quella di chi vede la vetta del tennis mondiale, e continua a scrutarla mentre si avvicina: appena dopo il punto finale, ieri, non ha nemmeno abbozzato un sorriso, alzando invece il pugno e riversando col suo sguardo feroce un’altra scarica di grinta sul campo.

Non è stato tutto facile, contro il polacco che si era permesso di eliminare “Re Roger“ e il numero 2 del mondo, Medvedev. Solo Matteo ha reso l’impresa a senso unico, con due sole palle break concesse nel match. Quelle che si era procurato nel primissimo turno di battuta del polacco, senza sfruttarle, dicevano già tanto dell’inerzia del match. Con chirurgica ferocia, il capitolino ha azzannato la partita, e solo nel terzo set, dopo il 6-0 eloquente del secondo e undici game di fila vinti, ha rifiatato venendo beffato al tie-break. Poi, nel quarto, il romano ha ripreso le redini della sfida e a Hurkacz non è rimasto che subire e applaudire.

Il tennis italiano è rinato, e chissà dove ci porterà: oltre a Matteo, aspettiamo Jannik Sinner e Lorenzo Musetti verso traguardi che nemmeno avremmo potuto immaginare. Senza dimenticare poi l’estro eclettico di Lorenzo Sonego. Ma l’impresa di Berrettini non deve essere considerata una sorpresa: è solo il frutto di un lavoro partito da lontano, senza che al 25enne allenato da Vincenzo Santopadre fossero appiccicata l’etichetta di predestinato. Con una pazienza unica, pari alla sua determinazione, Matteo ha scalato le classifiche dimostrandosi un tennista granitico. Deve essere temuto su qualsiasi superficie, ma è proprio sull’erba che ha saputo far fruttare al meglio le sue caratteristiche di bombardiere elegante. Non solo un super servizio (ieri 22 ace, Hurkacz solo 5), ma una solidità a prova di bomba quando gli entra la prima (ieri l’86% dei punti conquistati) e in ogni scambio, grazie a diverse soluzioni che sa adottare con grande lucidità.

Domani sfiderà Djokovic, il numero uno, cinque titoli a Wimbledon, ieri alla 20esima vittoria di fila nel torneo. Più o meno, è come voler scalare l’Everest di corsa. Ma per Matteo, già certo di superare Federer al n.8 Atp, la rivoluzione non è certo finita qui.